L’elettricità domina il terziario, trasporti il settore piú energivoro

L’efficienza energetica sarà la chiave per raggiungere gli obiettivi climatici del 2030, la leva che consentirà una riduzione graduale, certa e progressiva, delle emissioni climalteranti in Italia e in tutto il mondo. La presentazione di alcuni dati su base Eurostat elaborati in occasione della Tredicesima Conferenza sull’Efficienza Energetica lo scorso 23 e 24 novembre, organizzata dagli Amici della Terra, rileva però l'urgenza di investire in nuove tecnologie e soluzioni in tutti i settori di utilizzo dell’energia.

 

I consumi di energia vengono considerati dalla Ue il principale indicatore di efficienza energetica ma in realtà questa equazione non trova sempre corrispondenza. Infatti è spesso fuorviante relazionare il consumo reale con l’efficienza energetica. Ce lo ha insegnato il Covid. Dopo il crollo dei consumi (-8,4%) del 2020 causato dalla crisi pandemica, nel 2021 è stata registrata una crescita di circa il 6%. Questo cosa significa? Che la riduzione registrata durante il lockdown è stata lo specchio di una profonda crisi economica piuttosto che di un reale cambio di paradigma energetico. Per questo l’andamento reale dei consumi di energia non è un indicatore affidabile di miglioramento.

 

Il risparmio energetico richiesto da Bruxelles 

Un altro indicatore ufficiale per valutare i miglioramenti di efficienza energetica è la quantità di risparmi di energia richiesti a ogni Paese membro dell’Unione europea. Per allinearsi agli obiettivi climatici del Green Deal, l’Europa prevede la riduzione del fabbisogno di energia primaria del 32,5% da qui al 2030. Per ottenere questo risultato sono necessari alcuni aggiustamenti nelle politiche energetiche di ciascun Paese, Italia compresa.

Per il periodo 2021-2030, l’obiettivo obbligatorio di risparmio energetico cumulato che si richiede a ogni Paese è di 50 Milioni tep/anno. Dove per “tep” si intende la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo. Un tep corrisponde a 5,347 MWh.

Secondo i criteri di contabilizzazione di questi risparmi energetici, l’Italia ha registrato un ritardo rispetto agli obiettivi 2014-2020, tagliando solo 17,6 Mtep/anno invece dei 25,6 richiesti come obiettivo obbligatorio per il 2020. Date le circostanze, risparmiare 50 Milioni tep/anno per il 2030 sembra un obiettivo poco realista.

 

L’intensità energetica: quanto consumiamo rispetto a quello che produciamo

Da affiancare alla quantità di risparmio energetico misurata in tonnellate di petrolio grezzo troviamo la “intensità energetica”, un indicatore dell’efficienza energetica di un’economia, che mette in rapporto la quantità di energia consumata da un Paese e il livello di produzione economica, quest’ultimo rappresentato dal PIL. 

Secondo i dati su base Eurostat, elaborati dagli Amici della Terra, l’intensità energetica primaria si è ridotta dal 2005 al 2019 del 17%. Un buon risultato, ma non del tutto soddisfacente.

Lo scenario che prospetta in futuro il “Piano nazionale integrato energia e clima” (Pnec) prevede una significativa accelerazione di questo trend, che dovrebbe portare ad una riduzione del 21% in dieci anni dal 2020 al 2030.

La riduzione dell’intensità energetica non è stata però adottata come obiettivo principale su cui basare le politiche di miglioramento dell’efficienza energetica. «Per fare ciò, il nuovo Pnec dovrà ruotare su un obiettivo globale di riduzione dell’intensità energetica basato su obiettivi settoriali di miglioramento dell’efficienza energetica collegati a corrispondenti obiettivi di aumento della competitività e crescita economica» spiega in un comunicato l’associazione Amici della Terra. 

 

 

Figura 1. Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Eurostat

 

Consumi finali di energia per settore

Per valutare l’impatto che avranno nel nostro modo di vivere gli obiettivi 2030 sul miglioramento dell’efficienza energetica e sulla penetrazione delle rinnovabili è indispensabile tenere presente che dai dati oggi disponibili (dal 1990 al 2019, rappresentati in Figura 1), il settore dei trasporti è quello che, in generale, più energia consuma, con il 32% del totale (35,8 Mtep) ed è caratterizzato da un massiccio utilizzo di combustibili liquidi per autotrazione. A seguire il residenziale, con il 28% (31,1 Mtep). Al terzo posto pesano i consumi dell’industria, col 22% (25 Mtep), sempre più vicini a quelli del terziario che rappresentano il 16% (18,2 Mtep). 

 

L’energia elettrica e i suoi consumi per settore 

I dati Eurostat (Figura 2) danno evidenza che, da quasi 30 anni, il maggior livello di consumo di energia elettrica si registra nel settore terziario che, nel 2019, si attesta al 42% della quantità totale di elettricità generata. A questo valore è arrivata molto vicina la penetrazione elettrica nel settore industriale che, con una crescita costante, è passata dal 28% del 1990 al 41% del 2019.

Il settore residenziale registra valori attorno al 18%, dal 1990 al 2019. Nello stesso periodo, l’utilizzo di energia elettrica nei trasporti è passata dall’1,1 all’1,4%.

 

Figura 2. Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Eurostat

 

Diffusione fonti rinnovabili

Nel quinquennio 2015-2019 il livello di penetrazione delle fonti rinnovabili in Italia è oscillato su valori attorno al 18%, toccando il 20% nel 2020. 

L’obiettivo per il 2030 è portare questa quota di energia al 30%, rispetto al 32% fissato a livello europeo.

Il maggiore sforzo per la diffusione delle tecnologie green sarà richiesto al settore elettrico, in cui si dovrebbe raggiungere il 55% di energia prodotta da rinnovabili entro il 2030.

 

 

 Figura 3. Fonte: elaborazione Amici della Terra su dati Eurostat

 

Emissioni di gas serra

Come si vede in Figura 3, sulla base di dati del 2019, l’81% delle emissioni di gas serra proviene da usi energetici, l’8% da processi industriali, il 7% dalla gestione dall’agricoltura e il 4% dalla gestione dei rifiuti. Nel caso delle emissioni provenienti dalla gestione dei rifiuti e dall’agricoltura, è molto rilevante il peso delle emissioni di metano, un gas serra molto sottostimato per i suoi effetti nel breve e medio periodo. Con l’attuale livello di mix di combustibili si determinano emissioni pari a 277,4 milioni di tonnellate di CO2.

Tra le emissioni di gas serra provenienti da usi energetici, quelle derivanti da trasporti sono rimaste stabili negli ultimi 5 anni ma sono diventate prime per importanza (32%) e hanno superato quelle delle industrie (28%) che, nello stesso periodo, hanno segnato un trend in calo. Sono rilevanti infine le emissioni del terziario, sostanzialmente stabili da un decennio, con un peso dell’8%.

 






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