Politiche di decarbonizzazione

Per raggiungere gli obiettivi del Green Deal sono necessarie urgenti politiche di decarbonizzazione e nuove tassazioni energetiche che penalizzino fortemente le attività inquinanti. L’Europa deve fare tutto il possibile per limitare le emissioni non solo all’interno dei suoi confini, ma anche nel resto del mondo, altrimenti i suoi sforzi saranno vanificati. 

 

La Conferenza Internazionale sul Clima a Venezia

La “Conferenza internazionale sul clima”, organizzata dalla Presidenza italiana e svoltasi a Venezia l’11 luglio con la presenza di rappresentanti di organizzazioni internazionali, istituzioni nazionali e sovranazionali, oltre che del settore privato, ha avuto lo scopo di favorire la condivisione delle strategie per una comune azione internazionale di transizione verso una crescita sostenibile. Appuntamento fondamentale in vista anche della “Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici” (Cop26), che si terrà a novembre 2021 a Glasgow e sarà presieduta dal Regno Unito in partenariato con l’Italia, la conferenza di Venezia ha confermato la priorità di azioni più efficaci a favore dell’ambiente e la necessità di accelerare gli investimenti verdi, approfondendo il ruolo fondamentale della finanza sostenibile nella transizione. 

Il premio Nobel per l’economia William Nordhaus, in apertura, ha sottolineato l’insufficienza delle attuali iniziative per contrastare il cambiamento climatico e l’urgenza di politiche più incisive, accompagnate da accordi vincolanti. Dello stesso avviso il ministro italiano dell’economia Daniele Franco, che ribadisce che «l’azione non è più rinviabile» e «per raggiungere davvero l’obiettivo di emissioni nette zero servono azioni immediate e concrete».

Su questo punto ha spinto la direttrice generale del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva, che ha affermato senza mezzi termini che «la priorità è liberare il mondo da ogni forma di sussidi ai combustibili fossili», che attualmente ammontano a oltre 5 trilioni di dollari all’anno. Georgieva ha poi sollecitato un aumento del prezzo medio del carbonio, che entro il 2030 dovrebbe raggiungere, per sostenere la transizione energetica, i 75 dollari per tonnellata di CO2. 

La Conferenza ha dunque affrontato il tema delle politiche per la decarbonizzazione, inclusi i meccanismi per conseguire un prezzo del carbonio adeguato alla emissioni. Il Commissario europeo per gli affari economici e monetari Paolo Gentiloni ha parlato del progetto di revisione della tassazione energetica, con l’introduzione di un meccanismo di adeguamento delle emissioni importate (Cbam, da carbon border adjustment mechanism), ossia la carbon tax applicata alle filiere globali, al fine di tutelare le imprese europee dalla concorrenza di paesi terzi. Gentiloni ha anche paventato di estendere l’Emissions Trading System europeo (Eu Ets) a nuovi settori. 

 

La revisione della tassazione energetica nel Fit for 55

Il 14 luglio la Commissione europea ha presentato un pacchetto di leggi (Fit for 55) finalizzato a realizzare l’obiettivo del Green Deal europeo di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990: conseguire questo risultato nel prossimo decennio è fondamentale per diventare un’Europa a impatto zero entro il 2050. 

Tra gli aggiornamenti delle leggi Ue, la revisione del sistema di scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra (Ets), in vigore dal 2005 e finora centrale nella politica climatica europea, che la Commissione europea prevede di estendere al settore marittimo.

L’Ets fissa un prezzo per ogni tonnellata di CO2 emessa e interessa attualmente 10 mila installazioni nel settore energetico, nell’industria manifatturiera e i voli all’interno dell’Unione europea, coprendone così il 40% delle emissioni totali a effetto serra. Il sistema fissa un limite massimo di emissioni per determinati settori economici che si riduce ogni anno: dal limite che avrebbe consentito una riduzione delle emissioni del 40% entro il 2030, la riforma della Commissione europea punta ad abbassare il limite massimo generale e aumentare il tasso annuo di riduzione delle emissioni, fino a raggiungere il 55% entro il 2030.

Tra le nuove proposte legislative invece, spicca il Meccanismo di regolazione del carbonio alle frontiere (carbon border adjustment mechanism - Cbam), che mira a tutelare le imprese europee e a prevenire la delocalizzazione della produzione industriale ad alte intensità di emissioni fuori dall’Europa, attraverso l’imposizione di una tariffa che verrà applicata ai beni d’importazione prodotti con standard ambientali inferiori a quelli dell’Unione europea. La tassa sul carbonio alla frontiera imporrà di pagare un sovrapprezzo nel momento in cui ci si rifornisce da produttori esterni all’Unione europea e più inquinanti, i quali a loro volta non potranno più invadere il mercato europeo con prodotti più economici prodotti con meno attenzione all’ambiente. 

Come ha dichiarato Gentiloni, la Commissione europea sta aggiornando le «norme in materia di tassazione dell’energia, che risalgono a venti anni fa, per incoraggiare l’uso di carburanti più ecologici e frenare la concorrenza fiscale nel settore dell’energia che produce effetti dannosi. Proponiamo inoltre un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere che allineerà il prezzo del carbonio per le importazioni a quello applicabile all’interno dell’Ue. (…) Ciò garantirà che le nostre ambizioni in materia di clima non siano compromesse da imprese straniere soggette a obblighi ambientali meno rigorosi. Incoraggerà inoltre l’adozione di norme più ecologiche al di fuori dei nostri confini».

 

Carbon Border Adjustment Mechanism ed Emissions Trading System

Esistono diversi strumenti per attribuire un prezzo ai gas serra (in inglese carbon pricing). La Banca Mondiale conta almeno 57 forme di carbon pricing, con cui solitamente vengono tassate le aziende che inquinano l’ambiente emettendo questi gas durante i loro processi produttivi. Fra questi strumenti di tassazione, i sistemi Ets (Emissions Trading System) e la tassa sul carbonio alla frontiera.

I sistemi Ets, cioè i sistemi di scambio delle quote di carbonio, regolano le emissioni prodotte all’interno di un territorio fissando una quantità massima di emissioni totali di CO2, suddivise in crediti di emissione distribuiti alle industrie attraverso un’asta. I crediti di emissione assegnati a un’azienda costituiscono le emissioni massime ad essa consentite; se dovesse invece produrne di più, può acquistare altre quote di emissione dalle industrie che hanno emesso meno (o pagherà una multa salata). Le imprese possono dunque acquistare o vendere questi crediti di emissione a un prezzo stabilito dalle condizioni di mercato, che dipendono ad esempio dal tasso di crescita della produzione (e di conseguenza dall’aumento di emissioni) e dallo stato dell’economia, creando così un mercato del carbonio. 

La tassa sul carbonio alla frontiera (carbon border adjustment mechanism - Cbam, ossia Meccanismo di regolazione del carbonio alle frontiere) si applica alle merci importate e prodotte secondo standard climatici inferiori rispetto al territorio in cui si importa, quindi con emissioni più elevate. Lo scopo della tassa sul carbonio è evitare la delocalizzazione fuori dal territorio in questione: senza tassa sul carbonio alla frontiera le imprese potrebbero infatti trasferire i processi produttivi in paesi con politiche climatiche meno limitanti in termini di emissioni (pratica definita carbon leakage). La tassa sul carbonio alla frontiera dunque, oltre a proteggere le imprese di un territorio da concorrenze esterne sleali a livello di rispetto dell’ambiente, si configura anche come un incentivo per gli altri paesi a introdurre standard climatici più rigidi.

 

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