Sostenibilità, non solo una questione ambientale

Intervista a Ada Rosa Balzan, Ceo ARB Spa

 

The Bioneer incontra una delle più prestigiose esperte italiane in sostenibilità. Dalla sua prospettiva emerge un rapporto che mette in luce le criticità che le imprese italiane sono chiamate a superare per integrare le variabili Environmental, Social e Governance nella propria  strategia di business.  

 

Ada Rosa Balzan, il suo curriculum è invidiabile: oltre vent’anni di esperienza sui temi della sostenibilità applicata in strategie aziendali e nelle organizzazioni pubbliche. Responsabile nazionale sostenibilità per Federturismo Confindustria, ha partecipato ai tavoli di lavoro per lo sviluppo del piano strategico del turismo in Italia e coordinato nel G20 spiagge 2019 l’area sostenibilità. Partecipa in qualità di membro esperto a vari gruppi di lavoro e commissioni nazionali ed internazionali. Si occupa anche di formazione; qual è l’aspetto della sua carriera che predilige?

Ogni aspetto della mia carriera è importante perché tutte le esperienze della mia vita professionale sono correlate tra loro. Esercitare il ruolo di docente e coordinatrice scientifica in varie università e business school mi consente di diffondere la cultura della sostenibilità e definirne il perimetro dal momento che in Italia c’è ancora molta confusione sul tema e sulle opportunità che può offrire. Cerco di approcciare la sostenibilità con una visione quanto più oggettiva possibile perché solo ciò che è misurabile è migliorabile. Oggi la sostenibilità non è solo un’attività filantropica ma una strategia di business.

 

Da quando i più importanti fondi di investimento mondiali hanno puntato sulla sostenibilità quale garanzia di una strategia di successo anche quella che una volta si definiva “rendicontazione non finanziaria” entra a far parte del conto economico di un’impresa. È davvero così?

Sì, nel piano strategico di sviluppo dell’azienda è imprescindibile oggi la pianificazione di un progetto di sostenibilità integrata secondo i criteri Esg (environmental, social, governance). In Italia registriamo ancora uno sbilanciamento sulle tematiche ambientali ma quando si parla di sostenibilità è essenziale integrare anche gli aspetti sociali e di governance allineandosi con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

 

A proposito di integrazione delle tre componenti della sostenibilità, come si stanno preparando le aziende per queste sfide del 2030?

Solo poche realtà considerano strategici i tre elementi. Il primo step dovrebbe essere conoscitivo e centrarsi sulle opportunità che si possono generare attraverso il monitoraggio di questi driver. Una volta inseriti nel piano di sviluppo si inizia a considerarli una leva competitiva per un posizionamento differenziato nel mercato. Le imprese con una visione più internazionale sono maturate prima su questi temi. Nelle aziende italiane vedo un potenziale ancora inespresso perché manca l’inserimento di un piano integrato di sostenibilità nella strategia di business.

 

Come si intraprende questo percorso di sostenibilità per imprese che ancora non hanno maturato un piano integrato? 

Occorre per prima cosa che l’azienda prenda coscienza del suo reale posizionamento, perché spesso ha già avviato iniziative di sostenibilità in maniera inconsapevole. Si inizia dunque da un check up per capire dove l’azienda si sta dirigendo, quali risultati è possibile misurare secondo i criteri Esg e definire così strategie di miglioramento che devono innescarsi attraverso lo sviluppo del business.

I fondi di investimento hanno dimostrato che le performance aziendali migliori sono raggiunte attraverso sistemi di finanziamento sostenibili che al tempo stesso siano trasparenti e misurabili. Gli stakeholder su questi temi sono sempre più esigenti.

 

Parliamo allora di “greenwashing: lo scorso 21 aprile la Commissione europea ha presentato una nuova proposta di direttiva sul reporting di sostenibilità chiamata Corporate Sustainability Reporting Directive. L’obiettivo è proprio quello di uniformare i diversi report di sostenibilità secondo un parametro unico imposto dal legislatore europeo per evitare pratiche di greenwashing. È d’accordo?

Già il nome della direttiva è eloquente: con questa iniziativa la Commissione europea ha voluto dare nuova centralità alla sostenibilità rinominando quella che una volta si chiamava “rendicontazione non finanziaria”. I criteri per la presentazione di un bilancio di sostenibilità sono diventati più stringenti attraverso elementi chiave uguali per tutti e deputati alla valorizzazione del bilancio. La Commissione europea ha raccomandato fortemente che anche le Pmi, ad eccezione delle micro-imprese, adottino questo strumento.

 

Confindustria ritiene che questa iniziativa più stringente dellEuropa rischi di cambiare in modo strutturale la value proposition di alcune società orientate per loro natura a stringere strette relazioni commerciali con imprese internazionali che non devono sottostare alle normative del legislatore europeo. È così?

Spesso quelle società globali con cui le imprese europee siglano iniziative di business sono le prime a chiedere di dimostrare alti standard di sostenibilità. Si tratta di un’esigenza impellente a livello globale. Il bilancio di sostenibilità è uno strumento di gestione e di comunicazione delle buone pratiche aziendali. Lo vedrei come un’opportunità piuttosto che come un limite. È vero che in certi casi le aziende sono costrette a ripensare il loro business ma ormai il “dado è tratto”, il covid ha accelerato la transizione verso la sostenibilità.

 

Il covid ha rappresentato un elemento di discontinuità nell’era della sostenibilità. Lei che si occupa di questi aspetti già da diversi anni, come ha vissuto questo cambio di passo?

Le imprese sono state costrette a ripensarsi disegnando nuove strategie di ripresa. Nell’era post covid la sostenibilità è diventata l’elemento differenziante per il settore finanziario perché le imprese sostenibili offrono oggi maggiori garanzie di continuità e solvibilità. Sostenibilità è sinonimo spesso di maggior qualità nella percezione del consumatore: a confermarlo sarebbe la logica del prezzo che abilita il concetto di “credito valoriale”. Proprio per questo motivo il mercato è disposto a pagare fino a un 20% in più per prodotti di aziende sostenibili.

 

Parliamo di sfida climatica. Solo due anni fa il Parlamento europeo decideva di fissare gli obiettivi ambientali per il 2030 all'indomani di una battaglia campale tra i diversi gruppi solo per alzare il tasso di riduzione delle emissioni dal 37% al 40%. A due anni di distanza da quella votazione la proposta di riduzione delle emissioni di CO2 del 55% è passata all’unanimità. Un segno dei tempi che cambiano…

La normativa europea sul clima è un segnale forte che il Green Deal è un progetto serio e sfidante. Pone obiettivi vincolanti a tutti gli stati membri per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 con la riduzione delle emissioni del 55%, riservandosi di rivedere questo traguardo a rialzo e non a ribasso.

 

In questa partita per la neutralità climatica giocheranno un ruolo chiave l’idrogeno come vettore energetico sostenibile per la produzione industriale e l’elettrico come primo settore destinato alla futura decarbonizzazione secondo i dati dell’Agenzia internazionale dell’energia.

La centralità di questo tema è chiara. Già nel pacchetto “Fit for 55”, che contiene 13 proposte legislative su energia e clima, è presente una richiesta di modifica alla direttiva sull’efficienza energetica, sulle energie rinnovabili e sull’utilizzo del suolo. Ci tengo a sottolineare che cambiando vettore energetico non risolviamo il problema se di pari passo non si sviluppano le infrastrutture. Si tratta di una sfida complessa.

 

Secondo i dati dell'undicesimo rapporto “GreenItaly” di Symbola-Unioncamere si ha evidenza di come l'Italia si posizioni prima in Europa su utilizzo di materia e consumo di energia. Seconda solo sulle emissioni di CO2. Quindi l'Italia può considerarsi un paese già avanti sulle politiche di sostenibilità ambientale?

Questi sono aspetti sui quali l’Italia è forte. Dobbiamo però puntare al podio anche sulle politiche sociali e di governance che sono ancora poco valorizzate nelle aziende italiane anche se già presenti. È fondamentale ragionare nell’integrazione d’insieme dei parametri Esg per raggiungere migliori performance.

 

Parliamo anche della start up da lei capitanata: ARB Spa. Dal lavoro del suo team è nato SI Rating, il primo algoritmo al mondo che valuta la gestione della sostenibilità nelle aziende basato solo su strumenti internazionalmente riconosciuti e SASB. 

Tutto è nato dalla sfida di creare uno strumento che supporti le aziende nelle loro valutazioni e analisi di sostenibilità. Abbiamo creato un algoritmo che ha raccolto in uno tutti i dispositivi riconosciuti internazionalmente per la misurazione dei parametri Esg e dei 17 obiettivi delle Nazioni Unite. Per farlo abbiamo stretto una collaborazione con Sasb (Sustainable accounting standards board) scelto anche da BlackRock per la misurazione dei parametri Esg di tutti i suoi fondi. Sasb è un’organizzazione no profit nata per sviluppare valutazioni di sostenibilità secondo parametri di analisi diversificati a seconda della tipologia di azienda.

La nostra soluzione permette così di analizzare per ogni singolo settore di attività quali sono i temi materiali ambientali, sociali e di governance.

I documenti sulla sostenibilità generati dall’azienda sono inseriti all’interno della nostra piattaforma cloud. Il risultato non fa un rating complessivo ma offre la singola valorizzazione per tutte le tematiche con un report molto dettagliato che suggerisce all'azienda come raggiungere migliori risultati attraverso strategie di breve, medio e lungo periodo. Uno strumento strategico e operativo di gestione della sostenibilità e della resilienza delle organizzazioni.

 

Le aziende possono usare i risultati ottenuti grazie a questo strumento nella redazione dei loro report di sostenibilità?

Sì, le informazioni ottenute arricchiscono il report di sostenibilità perché lo strumento scatta una fotografia chiara del livello di contribuzione dell’azienda, per esempio anche sul raggiungimento dei 17 obiettivi di sostenibilità dell'Agenda 2030 dell’Onu, che vanno inseriti nei bilanci di sostenibilità. Informazioni a cui sono interessati anche gli stakeholder.

 

Quali sono le sfide più impellenti che le organizzazioni si troveranno ad affrontare sul tema sostenibilità?

La sfida è cogliere il prima possibile l’opportunità di inserire gli elementi pragmatici di sostenibilità nelle strategie aziendali e nei piani industriali. Si tratta di un cambio di paradigma urgente. Con la nuova direttiva Eba (European Banking Authority) entrata in vigore dal 1 luglio 2021 le banche italiane stanno adottando nuove misure per il monitoraggio e la concessione del merito creditizio alle aziende attraverso la valutazione dei parametri Esg.

 

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