Saldo zero entro il 2050

L’obiettivo della neutralità climatica è lontano ma la roadmap è chiara: serve iniziare già da domani. Nel 2050 il settore energetico apparirà del tutto differente dal modello che conosciamo. Secondo le stime del rapporto “Net zero by 2050” della International Energy Agency la richiesta energetica si ridurrà dell’8% rispetto all’attuale ma sarà al servizio di un’economia due volte più grande e di una popolazione di 10 miliardi di persone. Quasi il 90% della quota energetica prodotta sarà generata da fonti rinnovabili, di cui solare ed eolico rappresenteranno il 70%.

 
Cambiare le metriche 
Per giungere al saldo zero di CO2 è necessario non solo rallentare la crescita del trend di emissioni ma invertire la sua direzione. In questa scalata verso un clima sostenibile il tempo gioca una variabile determinante. Per ogni anno che lasciamo trascorrere senza intervenire in questo processo siamo obbligati a pagare conseguenze sempre più alte in termini ambientali, andando incontro a una serie di costi di transizione che andranno gestiti, e che saranno destinati a crescere. Al momento ammonta a 77 miliardi di dollari la quota perduta negli ultimi venti anni dall’Europa per fronteggiare le spese del cambio climatico. Per rovesciare il trend occorre ribaltare le logiche del presente e pensare rompendo gli schemi del passato. Farlo significa resettare alcune logiche che fino ad ora ci hanno guidato nella stesura di bilanci e manovre finanziarie.

«Non può esserci transizione e decarbonizzazione senza un cambiamento profondo delle metriche» spiega Enrico Giovannini, ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
I governi infatti usano ancora strumenti vecchi per misurare il valore dei prodotti e dei servizi di un paese, come il Pil per esempio, una metrica sempre più inadeguata ad analizzare i nuovi scenari della transizione ecologica. Oggi i costi delle imprese sono costituiti per lo più dalle materie prime e dal costo del lavoro, parametri che saranno destinati a cambiare radicalmente rispetto ai valori attuali mano a mano che si valuteranno i risultati secondo il paradigma dell’economia circolare: meno materie prime utilizzate per un numero maggiore di posti di lavoro. Se vengono utilizzate metriche sbagliate, non conformi al cambiamento in corso, il rischio è di enfatizzare i costi e non i vantaggi. Come nel caso delle spese di formazione del personale, che avrà bisogno di nuove competenze in ambito green; «oggi queste spese sono considerate un costo e non un investimento nella contabilità ambientale. Si tratta di una distorsione gravissima che lascia l’Italia indietro nel ventesimo secolo» commenta Giovannini.

Però esistono “deboli segnali” di cambiamento, come li chiama Moisés Naím, ma non sono ancora sistemici. Alcuni di questi segnali sono evidenti nel settore energetico, alle prese con una rivoluzione che lo porterà nel 2050 a cambiare in modo del tutto differente dal modello che conosciamo. 
 

Il rapporto “Net zero by 2050” della Iea, la roadmap verso un futuro globale sostenibile 

Per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni al 2050 l’azione che il settore energetico deve intraprendere in questo decennio è chiave. Il cammino è faticoso ma abbiamo ancora del margine per percorrerlo con successo. «Le tecnologie necessarie per la decrescita di emissioni nel prossimo decennio sono già tutte disponibili e, nella maggior parte dei casi, queste tecnologie sono più convenienti rispetto a quelle a più alte emissioni» spiega Laura Cozzi, chief energy modeler della International Energy Agency (Iea).

Secondo i dati della roadmap “Net zero by 2050” della Iea – che scatta una fotografia a livello mondiale delle azioni necessarie da mettere in campo per portare a zero le emissioni di CO2 – nel 2050 almeno il 46% della riduzione di emissioni avverrà a opera di tecnologie che in questo momento sono allo studio o in fase prototipale. Nei 30 anni di transizione da qui al 2050 ci attende una prima decade in cui sarà necessario fare grandi investimenti configurando le tecnologie disponibili per avviare il cambiamento, nei 20 anni successivi al 2030 sono attesi grandi sviluppi per quelle tecnologie innovative che non contano ancora su un mercato maturo, come l’idrogeno, le batterie ad alte prestazioni, la cattura della CO2.


Al via con la transizione: elettrico green, efficienza energetica e infrastrutture sono la priorità 

Per raggiungere l’obiettivo intermedio al 2030 è necessario decarbonizzare per settore, iniziando dall’elettrico, che sarà il primo a beneficiare dei vantaggi dell’eolico e del solare almeno dieci anni prima di procedere con il resto dell’economia. Le previsioni prevedono globalmente una potenza installata di 600 gigawatt di energia solare e 400 gigawatt di eolico già nel 2030. Se le proiezioni si confermeranno, nel 2040 l’elettrico sarà completamente decarbonizzato. Appena compiuto questo passo l’elettricità sarà utilizzata negli usi più correnti, come per esempio nella mobilità elettrica che, solo quest’anno, ha chiuso con una quota globale del 6% sull’intero settore.

Un altro dei pilastri è l’efficienza energetica, in particolar modo quella degli edifici, sulla quale è necessario accelerare per arrivare alla fine di questo decennio a contare almeno 1 edificio su 5 ristrutturato secondo le nuove normative edilizie per le costruzioni sostenibili.

Gli investimenti saranno centrali in questo passaggio epocale in cui più settori sono coinvolti all’unisono nel cambio di prospettiva green. Per raggiungere gli obiettivi sarà necessario aumentare gli investimenti nelle energie pulite, passando dagli attuali 1,2 mila miliardi di dollari a poco più di 4 mila miliardi. «In questo scenario, di vitale importanza è l’investimento nelle infrastrutture per la transizione verde – avverte Laura Cozzi – condizione necessaria per abilitare i vantaggi e le innovazioni della transizione ecologica». 

Un esempio: l’installazione su larga scala di solare ed eolico potrebbe non aiutare a centrare l’obiettivo se al tempo stesso non sarà supportata da reti elettriche intelligenti e digitali capaci di utilizzare tutta questa nuova potenza installata. Stessa logica va applicata alle infrastrutture di ricarica per auto elettriche a batteria e a idrogeno, settore per il quale è auspicabile nel 2030 contare su almeno 60 porti a livello globale per dare il via a uno sviluppo del mercato. 

 

Una transizione ecologica ed economica

Questa transizione non avverrà a discapito dell’economia ma sarà la leva per un nuovo sviluppo economico. Da un’analisi svolta dalla Iea insieme con il Fondo Monetario Internazionale, emerge che l’economia mondiale genererà un valore maggiore del 4% rispetto a oggi se si effettueranno gli investimenti necessari nelle energie pulite.

Globalmente l’occupazione subirà una crescita registrando 14 milioni di nuovi posti di lavoro nel settore elettricità e reti a cui però faranno da contraltare 5 milioni di posti a rischio nel settore carbone, oil e gas. Altri 16 milioni di posti di lavoro addizionali nasceranno nello sviluppo di nuove tecnologie efficienti, nella mobilità elettrica e nella ristrutturazione edilizia. Per la nascita di queste nuove professioni le università non sono ancora pronte a formare le competenze necessarie, motivo che spinge al dialogo gli atenei, i centri di ricerca e le imprese.

Un ultimo capitolo del rapporto “Net zero by 2050” è dedicato ai rischi e alla sicurezza degli approvvigionamenti declinati secondo 3 assi principali: petrolio, terre rare, energia elettrica. Le misure di sicurezza dell’approvvigionamento di petrolio rimarranno invariate dal momento che, secondo le stime della Iea, si registrerà ancora domanda di greggio nel 2050, un petrolio il cui controllo sarà in mano a sempre meno paesi sotto l’egida dell’Opec.

Altro asse riguarda l’approvvigionamento e la sicurezza dei materiali critici come litio, cobalto, rame e nichel, che aumenterà in maniera esponenziale. Saranno necessarie nuove alleanze con gli storici paesi produttori e accordi con i nuovi paesi che emergeranno nel mercato delle terre rare. Il terzo volano sarà la sicurezza degli approvvigionamenti elettrici che riconduce all’altro pilastro fondamentale di questa transizione, l’investimento nelle infrastrutture resilienti, intelligenti e digitali.

Se potessimo riassumere in poche parole le impressioni che si evincono dalla roadmap “Net zero by 2050” composta da oltre 400 pilastri, ciò che è importante sottolineare è comprendere l’urgenza degli interventi ambientali ed energetici da porre in essere già a partire da domani.

Questa è la roadmap, esiste però una grande dissonanza con quello che nei fatti avviene a favore della transizione ecologica. Al momento solo una minima parte degli investimenti prelevati dai recovery plan post covid a livello globale è stata stanziata a favore dell’ambiente. Dei 16 mila miliardi che i paesi di tutto il mondo hanno messo sulla bilancia per affrontare la crisi, solo il 2% è stato destinato per lo sviluppo di energia pulita e in infrastrutture sostenibili. Un dato che si dimostra insufficiente ad allinearci per i prossimi due anni con gli obiettivi delle emissioni zero nel 2050.
 

Il ruolo della ricerca in Italia: il Cnr

Investimenti a parte, si impone in questi anni una necessaria accelerazione su sviluppo e ricerca applicata alle nuove tecnologie in grado di traghettare il paese verso la transizione verde.
Dopo la pandemia sembra tornata l’attenzione sul ruolo della ricerca, che sta rivendicando il giusto posto che in ogni società avanzata dovrebbe avere. 

«Oggi la sfida è affrontare il paradigma della quarta rivoluzione industriale attraverso un approccio che consenta di rendere questa transizione sostenibile. In questa fase – commenta Maria Chiara Carrozza, presidente Cnr – è necessario coniugare lo sviluppo con la sostenibilità e fare della sostenibilità un’occasione di sviluppo: è un cambio epocale perché non è mai successo nella storia di considerare l’equilibrio ambientale nello sviluppo delle tecnologie».

Il Cnr può contare sullo sforzo congiunto di 8.700 ricercatori che si confrontano su tre grandi temi: la ricerca fondamentale, la leadership industriale e l’innovazione sociale. Oggi queste persone diventano protagoniste della nuova economia verde potendo finalmente mettere a disposizione le loro competenze a servizio della transizione economica. Il Centro nazionale di ricerche sta sviluppando progetti in collaborazione con gli istituti dell’universo corporativo delle grandi imprese, ma sta anche aiutando le piccole e medie aziende che saranno chiamate a disegnare nuove strategie di fronte ai requisiti di governance e ai parametri di sostenibilità del Pnrr e della Comunità europea.

Fino a qualche anno fa il tema della transizione ecologica non era trasversale a tutte le tecnologie e a tutti i campi del sapere. Oggi questa consapevolezza ha raggiunto la politica e i governi fino a diventare un elemento prioritario nell’agenda. Dal momento in cui è nato il Ministero per la transizione ecologica è stato sancito un accordo tra scienza e politica attraverso la tecnologia. Un accordo che ha trasformato gli obiettivi che prima erano solo scientifici in obiettivi politici, spostando sui ricercatori il baricentro della sostenibilità come vincolo per lo sviluppo tecnologico del futuro. «Una grande opportunità di crescita per entrare in questa nuova rivoluzione industriale che prima era guidata dall’automazione, dalla robotica e dell’intelligenza artificiale, oggi dalla transizione ecologica» aggiunge la presidente del Cnr. Questo cambio di prospettiva richiede un sapere, una conoscenza e approccio ai problemi completamente nuovi poiché è la prima volta nella storia che una rivoluzione industriale vuole essere anche sostenibile, a zero emissioni.

Perché sia davvero sostenibile, come ricorda l’amministratore delegato di Snam, Marco Alverà, è necessaria la collaborazione delle diverse imprese energetiche sugli stessi progetti con l’obiettivo di portare avanti insieme lo sforzo globale della decarbonizzazione. 

 

Iscrizione al Registro della Stampa presso il Tribunale di Napoli n. 7108/2021

Mail: info@thebioneer.it

Fax: 081-7445122

 
Rivista con Comitato di Lettura




About

The Bioneer è un progetto editoriale multicanale che favorisce la diffusione delle conoscenze volte a tutelare l'ambiente e promuovere il cambio di paradigma culturale ed energetico.

The Bioneer nasce in seno ad Anbea, Albo nazionale dei Bioneers dell'energia e dell'ambiente.




Direttore responsabile:

Luca Papperini
luca.papperini@anbea.org

Concessionaria pubblicità: Leonardo SRL
commerciale.leonardo@anbea.org


Caporedattrice:
Tatiana Arini

Progettazione web:
Luciano Fantini

Grafica:
Vittorio Bongiorno