Convertire CO2 in combustibile su larga scala

Un recente studio del MIT ha rivelato perché è così difficile convertire i gas serra in combustibile e ha svelato possibili soluzioni per il riutilizzo della CO2 nei processi che richiedono energia. Trovare un modo efficiente per convertire chimicamente l’anidride carbonica in combustibili o altri prodotti potrebbe abbattere notevolmente le emissioni di gas serra. 

 

Da tempo si parla di conversione della CO2 in combustibile sfruttando il gran potenziale offerto dal carbonio presente nei gas serra. Di fatto esistono diversi progetti in corso per trasformare l’anidride carbonica e il monossido di carbonio catturati in atmosfera e combinarli con azoto e idrogeno con l’obiettivo di ottenere combustibili sintetici come ammoniaca, metanolo, metano, e altri derivati chimici. Molti di questi processi però, che sembravano promettenti in laboratorio, non hanno funzionato come previsto su larga scala, dove attualmente conviene di più ricorrere alla tecnologia delle centrali termoelettriche per generare energia.

Il problema di questo scarso indice di efficienza è stato individuato dai ricercatori del MIT che hanno identificato, quantificato e modellato una delle ragioni principali delle cattive prestazioni di questi sistemi di conversione. In ogni trasformazione chimica infatti parte dell’energia viene perduta (si trasforma in altro) e nel caso della conversione della CO2 il colpevole risulta essere un esaurimento locale del gas di anidride carbonica proprio accanto agli elettrodi utilizzati per catalizzare la conversione. I ricercatori hanno scoperto che il problema può essere risolto semplicemente spegnendo e riaccendendo la corrente a intervalli specifici, consentendo così al gas di accumularsi di nuovo ai livelli necessari accanto all’elettrodo.

I risultati, che potrebbero stimolare i progressi nello sviluppo di una varietà di materiali e progetti per sistemi di conversione elettrochimica dell’anidride carbonica, sono stati pubblicati l’11 gennaio sulla rivista Langmuir, in un articolo del MIT a cura di Álvaro Moreno Soto, dello studente Jack Lake, e del professore di ingegneria meccanica Kripa Varanasi.

«La conversione dell’anidride carbonica è, credo, una delle sfide importanti del nostro tempo», spiega Varanasi. Mentre gran parte della ricerca nell’area si è concentrata sulla cattura e sequestro del carbonio, in cui il gas viene pompato in una sorta di serbatoio sotterraneo profondo o convertito in un solido inerte come il calcare, un’altra strada promettente è stata convertire il gas in altri composti chimici del carbonio, come metano o etanolo, da utilizzare come combustibili.

Esistono diversi modi per eseguire tali conversioni, inclusi processi elettrochimici, termocatalitici, fototermici o fotochimici. «Ognuno di questi comporta problemi», commenta Varanasi. I processi termici richiedono temperature molto elevate e non producono prodotti chimici di valore molto elevato, il che è una sfida anche con i processi attivati ​​dalla luce, dice. «L'efficienza è sempre in gioco, sempre un problema».

Il team si è concentrato sugli approcci elettrochimici, con l’obiettivo di ottenere prodotti di combustione con percentuali di carbonio sempre più elevate, composti che contengono più atomi di carbonio e tendono a comportarsi come combustibili di alto valore e rendimento dovuto alla loro energia rispetto al loro peso o volume. In queste reazioni, la sfida più grande è stata frenare le reazioni concorrenti che possono aver luogo contemporaneamente, in particolare la scissione delle molecole d’acqua in ossigeno e idrogeno. Questa reazione indesiderata consuma energia e riduce notevolmente l’efficienza complessiva del processo di conversione.

Un modo per contrastare questo esaurimento, hanno scoperto, può essere ottenuto con un sistema pulsato: un ciclo in cui ci si limita semplicemente ad arrestare la reazione e dare all’anidride carbonica il tempo di diffondersi nuovamente nella zona esaurita e raggiungere nuovamente livelli utilizzabili.



 

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