Idee per una moda sostenibile

Anche il settore moda negli ultimi anni ha abbracciato le sfide della sostenibilità della filiera. Da un rapporto elaborato da Cikis Studio emerge che quasi il 90% delle imprese del fashion sono interessate a redigere report di sostenibilità. Di queste aziende il 53% ha implementato la strategia sostenibile come leva per aumentare la propria competitività, mentre il 22,7% lo ha fatto perché spinta dai consumatori.



La pandemia e le preoccupazioni per il cambiamento climatico non hanno risparmiato il settore moda e, al contrario, hanno stimolato le aziende a rivedere le proprie priorità, lasciando sempre più spazio alla strategia della sostenibilità.
Da quanto emerge dallo studio “The State of Fashion 2021” di McKinsey e Business of Fashion, nell’era post Covid sarà necessario ridisegnare il modello di business, guidato questa volta dalla domanda, e ridurre la complessità con una ricalibrazione dell’equazione volumi-profitti.
Al contempo, anche i consumatori hanno sviluppato la propria sensibilità sul tema, come sottolinea il trend di utilizzo della parola chiave “sostenibilità”, cresciuto del 37% e la domanda di capi di seconda mano del 45% da novembre 2019 a febbraio 2020.
Dallo studio “Report, moda, sostenibilità 2021” elaborato da Cikis emerge che ancora oggi vi sono differenze sostanziali nell’adozione di pratiche di sostenibilità  proporzionali all’aumento del fatturato. A maggior margine di beneficio, maggiori investimenti sostenibili. Il 33,3% delle piccole imprese infatti si trova ancora su di un livello base per quanto riguarda l’adozione di politiche di sostenibilità mentre il 40% delle grandi aziende invece adotta pratiche mature e piani strategici integrati.
Considerando che il livello di sostenibilità delle aziende viene calcolato sia sul numero di pratiche implementate sia sulla loro rilevanza, è presumibile che un maggior numero di attività sia gestito con miglior efficacia se all’interno dell’azienda è presente un team dedicato, caso più frequente in organizzazioni di grandi dimensioni.

 


Verso la sostenibilità sociale della filiera

Per rendere sostenibile il settore fashion è necessario analizzare una complessità di variabili che condividono tutti gli attori della filiera, ognuno con il suo relativo impatto ambientale, sociale e di governance: da chi si occupa della materia prima a chi della tintura, fino ad arrivare alla distribuzione che ancora fatica a entrare in una dimensione economica circolare attraverso un nuovo modello di consumo.
Se su alcuni aspetti essere sostenibili per le imprese della moda è un processo in via di semplificazione, come per esempio, sulla scelta di nuovi materiali ecosostenibili, per altri invece la strada è stretta ma percorribile, come per esempio sui temi della sostenibilità sociale della filiera. A confermarlo sono i dati del Report 2020 di Cikis, in cui è emerso che la sostenibilità veniva percepita ancora lo scorso anno soltanto dal punto di vista ambientale mentre quella sociale, come la tutela dei lavoratori – una grande criticità del settore – era citata solo da 8 aziende su 83.

Dall’analisi del 2021 emerge che, specialmente in seguito all’emergenza Covid, la tutela delle persone e il welfare aziendale sono diventati requisiti sempre più richiesti da parte dei consumatori. Di conseguenza l’attenzione al tema è diventata prioritaria per le aziende tanto che oggi quelle che si misurano anche sugli aspetti sociali sono aumentate di circa il 150%.
Nonostante ciò si tratta di un aspetto a cui è dedicata ancora poca attenzione se si considera che solo il 20% ha dichiarato di ritenere questo tema una priorità aziendale.


L’evoluzione del settore

«Da un lato assistiamo alle iniziative virtuose della filiera che innova per migliorare i propri processi con nuove pratiche di sostenibilità – spiega a The Bioneer Serena Moro, responsabile sostenibilità di Cikis Studio – dall’altro invece le spinte vengono direttamente dai clienti e dai grandi buyer in diretto contatto con il consumatore che richiede scelte responsabili».
La frammentazione degli standard di sostenibilità nel mondo fashion conduce a una gestione complessa degli attori della filiera che spesso si trovano ad adottare standard differenti a seconda del brand di cui sono fornitori. La mancanza di trasparenza su questi temi crea una richiesta di chiarezza da parte delle imprese impegnate a disegnare un percorso di sostenibilità. «Uno dei nostri obiettivi è supportare le aziende in questa parte di pianificazione, analizzare i punti di forza, le aree di miglioramento, aiutarle a priorizzare le attività scegliendo di intervenire su quelle a maggior impatto» dice la responsabile sostenibilità.
Tra i processi a maggior impatto nella filiera fashion si annoverano quelli relativi alla produzione dei materiali e all’utilizzo di prodotti chimici, due componenti che risultano imprescindibili nella realizzazione di un capo di abbigliamento. La buona notizia però è che sempre di più le soluzioni a ridotto impatto soddisfano la produzione a livello qualitativo, come la lana o il cotone riciclati per esempio. Esistono poi altri materiali che sono in piena evoluzione, come il tencel/lyocell, una fibra prodotta dalla cellulosa ottenuta dagli alberi di eucalipto, dei quali viene impiegata la polpa di legno. Questa fibra si fa apprezzare per la sua grande resistenza e per la sua alta capacità di assorbire l’umidità. L’integrazione di questi nuovi materiali nei processi di produzione ha il potenziale di creare nuovi mercati dove «c’è ancora spazio per punti di riferimento nel settore della moda sostenibile: esiste un business in grande espansione» aggiunge Serena Moro.

 

Cosa fa Cikis

L’obiettivo di Cikis è supportare le aziende del fashion a disegnare, implementare e comunicare le pratiche di sostenibilità più efficaci. Si parte da un assessment in cui è analizzata la performance dell’impresa e se necessario la conformità agli standard dei clienti. Questa è la base per definire poi una vera e propria strategia che comprende la definizione di una visione di sostenibilità differenziante rispetto ai competitor.

«Ci occupiamo anche di supporto all’implementazione di questo piano di sostenibilità con interventi di formazione e di consulenza su tracciatura della filiera, trasformazione digitale, scelta di materiali e fornitori, trasferimento di competenze» commenta Serena Moro.
Durante la parte di assessment si analizzano 13 elementi ripartiti in tre aree: corporate, filiera e prodotto. In ognuna di queste tre aree viene eseguita un’analisi di comparazione con le migliori pratiche adottate nel settore per quanto riguarda materiali, elementi chimici, packaging, tracciabilità della filiera, performance ambientale e sociale dei fornitori, life cycle analysis del prodotto.

Le aziende sono sempre più orientate a redigere bilanci di sostenibilità come strumento di racconto del proprio percorso e della propria identità. Fare un report di sostenibilità è un lavoro che richiede tempo ma che si rivela utile come leva di business nella relazione con gli attori a monte o a valle nella filiera. Esistono anche altre soluzioni più snelle, come i “manifesti di sostenibilità” che aiutano a sintetizzare il piano di azione, i risultati ottenuti e la visione futura.  




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