Se vuoi la pace prepara la guerra...energetica

“Si vis pacem para bellum”. Attribuito all’autore latino Flavio Vegezio, ma presente, in modo poco diverso nella formulazione o nella sostanza, in vari altri autori, questo verdetto è citato soprattutto per affermare che uno dei mezzi più efficaci per assicurare la pace è quello di armarsi fino ai denti dimostrando la potenza di fuoco e la capacità di difendersi, in modo da scoraggiare eventuali propositi aggressivi degli avversari. Inutile dire che le tensioni tra Russia, Europa e Stati Uniti sono tutte racchiuse nel significato più profondo di questa sentenza.

Putin ha in mano il rubinetto del gas europeo e non ha nessuna intenzione di retrocedere di un millimetro sulla questione Ucraina, sempre più “Europe oriented” e meno incline a fare da cuscinetto geopolitico tra i Paesi del vecchio continente e il Cremlino.

La questione scotta, perché questa volta non si tratta di una guerra fredda, ma di un vero e proprio conflitto che rischia di lasciare al freddo i Paesi dipendenti dall’energia russa, con Gazprom che, nello scenario più estremo, potrebbe trasformarsi nella testa d’ariete della vendetta russa per le sanzioni incombenti, lasciando a secco i rifornimenti europei. Una mossa che paralizzerebbe il sistema energetico dell’intero continente, facendo schizzare i prezzi del gas naturale a livelli mai visti. Secondo il parere degli esperti però è piuttosto improbabile che la Russia voglia spingersi così lontano, a meno che Putin non decida di perdere per sempre l’egemonia energetica sull’Europa dimostrandosi un fornitore poco stabile e per niente raccomandabile.

In caso di una possibile invasione dell’Ucraina la prima vittima a cadere per mano europea sarebbe il famigerato Nord Stream 2, un gasdotto di 1200 km ancora in fase di costruzione che, attraverso il Mar Baltico, trasporta direttamente il gas proveniente dalla Russia in Europa occidentale per la Germania, bypassando il territorio ucraino. Il che sarebbe in effetti il coronamento delle aspettative di Putin. Insieme con il suo gemello, Nord Stream (inaugurato nel 2011), il gasdotto Nord Stream 2 ha una capacità di 110 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Si tratta di un volume energetico di una portata tale che sarebbe troppo alto il rischio di farlo passare in cavalleria, come avrebbe già minacciato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, commentando che una escalation incontrollata della crisi porterebbe alla fine del progetto da parte della Germania, pronta a metterci una pietra sopra.

In caso si rendesse necessaria l’entrata in guerra da parte dell’Ucraina, la contromossa di Mosca potrebbe essere di interrompere i rifornimenti europei sull’altra pipeline, quella che serpeggia nei territori governati da Kiev e che trasporta 40 miliardi di metri cubi di gas, mettendo in ginocchio l’UE e l’ex repubblica sovietica. È probabile che non si arriverà a questo, ma le opzioni nella mente di Putin sono inintelligibili.

Nonostante ciò, la situazione della crisi ucraina apre forti elementi di bipolarità strategica da parte di Gazprom nei mercati del gas europei. A differenza di altri fornitori – come Algeria, Azerbaigian e Norvegia – la Russia ha ridotto per sua stessa ammissione le esportazioni verso l’Europa del 41,3% (8 miliardi di metri cubi in meno) rispetto allo stesso periodo del 2021. Il gigante russo non spende nessuna ulteriore considerazione sull’eclatante calo delle esportazioni se non che «le consegne di gas della società – si legge in un comunicato della Gazprom – vengono effettuate su richiesta dei consumatori nel pieno rispetto degli obblighi contrattuali». Lontano da segnare una flessione di utili, il gigante energetico è riuscito a “salvare capre e cavoli” quintuplicando i prezzi spot del gas in Europa e alla fine guadagnandoci pure, anziché perderci.

La International Energy Agency stima che la Russia ha tutte le riserve energetiche per aumentare le consegne in Europa di almeno un terzo, ovvero oltre 3 miliardi di metri cubi al mese. Ciò equivale a quasi il 10% del consumo medio mensile di gas dell’Unione europea, il che consentirebbe ai mercati europei di tirare un respiro di sollievo.

In questo scenario pre bellico, che conta il maggior numero di uomini dispiegati sui due fronti dalla guerra fredda ai giorni nostri, la tensione sembra non allentarsi, con gli Stati Uniti che alimentano i malumori di Putin avallando la decisione di dispiegare nuove truppe in Europa orientale a sostegno degli alleati Nato nel caso di un’invasione russa dell’Ucraina. Un passo “distruttivo” e “ingiustificato” è la reazione di Mosca, affidata alle parole del vice ministro degli Esteri, Alexander Grushko. L’invio di 3 mila soldati statunitensi dalla Carolina del Nord in Polonia, Germania e Romania si somma alle 8.500 truppe che Biden ha messo in allerta il mese scorso, a conferma della volontà degli Stati Uniti di impegnarsi in questa crisi.

Intanto per Putin la reputazione di fornitore affidabile sembra del tutto compromessa in tutto il territorio UE. La conferma nelle parole della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, alla disperata ricerca di un modo per ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas russo (50% del totale): «La Russia usa il gas contro di noi». 







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