L’insostenibilità della pesca

I pescatori possono contribuire a salvare i nostri mari con azioni sostenibili. La pesca ha impatti ambientali molto diversi, in funzione di vari fattori: il tipo di attrezzo utilizzato, il materiale dello strumento, la quantità di risorse ittiche prelevate. È tempo di adeguare le pratiche di pesca alle necessità dei nostri mari e degli ecosistemi marini, per fare tutto il possibile per salvaguardarli.

 

Attrezzi da pesca distruttivi

«Gli attrezzi attivi, quelli trainati, lo strascico o le draghe idrauliche e così via hanno un impatto diretto importante sui fondali marini e sui fondali mobili», spiega Saša Raicevich, biologo marino e ricercatore Ispra. 

Nel 2017 Greenpeace aveva già messo in luce, nel report La sostenibilità ambientale delle draghe idrauliche? Non esiste, gli impatti distruttivi di questi metodi di pesca – detti anche vongolare o turbosoffianti, molto diffusi nell’Adriatico – che smuovono i fondali sabbiosi con potenti getti d’acqua per catturare molluschi tramite strutture rigide trainate sui fondali.

«In funzione della frequenza con cui questo disturbo viene realizzato, della tipologia di attrezzo e di come l’attrezzo è settato sotto il profilo tecnico, l’impatto può essere maggiore o minore, e i tempi di recupero una volta che cessa il disturbo possono essere più o meno lunghi. Dipende molto dall’ambiente, quindi alcuni habitat a fondi mobili possono recuperare in tempi relativamente rapidi; in altri casi, quando abbiamo delle specie particolarmente strutturali – è il caso della Poseidonia, sulla quale è vietata l’attività di disturbo della pesca a strascico – i tempi di recupero sono più lunghi» prosegue Raicevich.

Nave turbosoffiante

 

Verso una pesca sostenibile

Una pesca sostenibile prevede dunque, oltre alla modifica degli attrezzi, la concessione delle attività di prelievo in determinati regimi spazio-temporali, vale a dire solo in determinate stagioni ed evitando le zone di aggregazioni riproduttive e i cosiddetti hot spot di concentrazione di specie vulnerabili, come delfini e tartarughe, al fine di limitare il più possibile le interazioni e di conseguenza le catture accidentali; inoltre, per ridurre la mortalità in caso di cattura accidentale, i pescatori devono essere istruiti sulle corrette modalità di trattamento di questi animali.

Nel mar Mediterraneo «siamo distanti da una sostenibilità sia in termini di prelievo delle risorse sia di impatto sulla biodiversità. Il 75% degli stock del Mediterraneo sono sovrasfruttati: applichiamo un prelievo che è molto superiore a quello che può permettere uno sfruttamento ottimale. Non è una notizia positiva, ma in termini di evoluzione sei anni fa eravamo all’88%: quindi, piano piano, con l’impegno di tutti e uno sforzo collettivo c’è una riduzione e stiamo proseguendo verso un miglioramento in termini di stato delle risorse» afferma Raicevich.

La presidente dell’associazione ambientalista Marevivo Rosalba Giugni sostiene che «la pesca è diventata un overfishing non solo nel Mediterraneo ma in tutto il pianeta», a causa delle cosiddette "navi-fattoria" che, a differenza di una pesca artigianale e tradizionale in sintonia con l’ambiente, praticano una pesca industriale ed eccessiva, di cui «l’80% viene ributtato in mare perché non è pesce di valore commerciale» aggiunge Giugni, alterando così l’equilibrio dell’ecosistema marino. «La transizione ecologica passa anche attraverso la transizione alimentare», oltre che riguardare il cambio dell’energia e l’economia circolare, in cui tutto quello che si produce deve essere riciclato per non produrre rifiuti.

 

La plastica delle reti

Marevivo ha anche proposto alcuni emendamenti da inserire nel disegno di legge SalvaMare, che attualmente è ancora fermo in Commissione ambiente al Senato; uno di questi riguarda il corretto smaltimento e riciclo delle retine dei mitilicoltori, di cui ogni anno ne vengono disperse in mare circa 150 tonnellate. Dato che si stima che ogni anno vengono utilizzate 480 tonnellate di questi retini per la mitilicoltura, che si accumulano sui fondali soffocando la vita bentonica – costituita da tutti quegli organismi, animali e vegetali, che vivono a stretto contatto con il fondo e indispensabile per la sopravvivenza dell’ecosistema marino – Marevivo aveva già evidenziato in ottica circolare la necessità di fabbricarli con un materiale alternativo facilmente riciclabile. 

Nell’ambito delle proposte da inserire nel disegno di legge SalvaMare, Marevivo ha ribadito che tutti gli strumenti da pesca debbano essere realizzati in materiale riciclabile, secondo i principi dell’economia circolare.

La plastica infatti costituisce una minaccia anche per gli organismi che vivono in profondità, come i coralli e le gorgonie (i cosiddetti “ventagli di mare”): la loro forma arborescente li rende molto delicati agli impatti causati dalle reti da pesca abbandonate, che creano problemi anche allo sviluppo e alla crescita di queste specie.

«Da alcuni studi abbiamo visto che più del 40% degli organismi impattati dai rifiuti marini sono gorgonie e coralli. Stiamo cercando di promuovere a livello internazionale la marcatura delle reti in maniera tale da risalire al proprietario. Una grandissima misura è quella di recuperare le reti dismesse dai pescatori e riciclarle. Le nuove sfide sono cambiare la composizione dei materiali delle reti da pesca, scegliendo materiali ecologici. Sulle spiagge dell’Adriatico sono state trovate le reste, utilizzate per l’allevamento di mitili [reste: sacche in polipropilene o nylon formate da due calze o reti dentro cui crescono i mitili]: ci sono alcune aree dove si trovano 100 reste ogni 100 metri, una resta a metro, quindi un impatto enorme» ha spiegato Cecilia Silvestri, biologa marina e ricercatrice Ispra.

Iscrizione al Registro della Stampa presso il Tribunale di Napoli n. 7108/2021

Mail: info@thebioneer.it

Fax: 081-7445122

 
Rivista con Comitato di Lettura




About

The Bioneer è un progetto editoriale multicanale che favorisce la diffusione delle conoscenze volte a tutelare l'ambiente e promuovere il cambio di paradigma culturale ed energetico.

The Bioneer nasce in seno ad Anbea, Albo nazionale dei Bioneers dell'energia e dell'ambiente.




Direttore responsabile:

Luca Papperini
luca.papperini@anbea.org

Concessionaria pubblicità: Leonardo SRL
commerciale.leonardo@anbea.org


Caporedattrice:
Tatiana Arini

Progettazione web:
Luciano Fantini

Grafica:
Vittorio Bongiorno