L’invasione delle specie aliene

Le specie aliene, dette anche alloctone o esotiche, sono organismi animali e vegetali introdotti al di fuori della loro area naturale di distribuzione a causa di attività antropiche. Si tratta quindi di specie non native dell’ambiente in cui vengono censite. Quando si diffondono in nuovi ecosistemi, portano scompiglio alterando le catene alimentari indigene e sovvertendo gli equilibri.

 

Le vie di entrata 

Secondo il rapporto Ispra Il sistema di osservazione delle specie marine aliene, «in Mediterraneo, le specie aliene entrano per introduzione volontaria da parte dell’uomo (importazione di specie per l’acquacoltura o per l’acquariofilia, importazione di esche vive), per introduzione involontaria (fouling, acque di zavorra, in associazione a specie importate per acquacoltura) e per immigrazione (attraverso il canale di Suez o dallo Stretto di Gibilterra). Nelle ultime decadi, si è assistito a un incremento progressivo delle specie aliene in Mediterraneo e alcune di queste si sono dimostrate invasive nel nuovo ambiente colonizzato, causando seri impatti su biodiversità, habitat ed ecosistemi in varie aree. Le invasioni biologiche sono oggi considerate tra le più gravi minacce alla biodiversità a livello mondiale e possono colpire anche la salute e l’economia. L’Unione europea, nella Direttiva quadro 2008/56/CE sulla strategia per l’ambiente marino, annovera le specie aliene tra i descrittori del buono stato ecologico del mare».

Un caso famoso di invasione di una specie aliena legato all’acquariofilia è quello della Caulerpa taxifolia, la cosiddetta alga killer che nel 1984 si diffuse nel Mediterraneo a causa di una disattenzione nello smaltimento dell’acqua proveniente dai ricambi delle vasche del Museo Oceanografico di Monaco, dove si trovava in esposizione.

Con fouling si intendono le incrostazioni sugli oggetti sommersi in mare, come le carene e le chiglie delle imbarcazioni, causate da organismi animali e vegetali quali molluschi, spugne o alghe, che possono colonizzare nuovi ambienti. 

Correlate ai traffici marittimi sono anche le acque di zavorra, che le navi caricano dai porti di partenza quando viaggiano a carico vuoto, per poi scaricarle a destinazione assieme a tutti gli organismi intrappolati in esse. I porti sono dunque le aree di maggior criticità, soprattutto dove le navi che provengono da zone geografiche diverse scaricano le loro acque.

 

Dal mar Rosso al Mediterraneo

«La costruzione del canale di Suez, che ha messo in comunicazione il mar Rosso con il Mediterraneo per agevolare i traffici marittimi, ha dato luogo all’ingresso di numerose specie provenienti dal mar Rosso che prima non erano presenti nel Mediterraneo e che ora si sono adattate all’ambiente mediterraneo e hanno anche soppiantato alcune specie autoctone» racconta Luca Castriota, ricercatore Ispra. 

Il massiccio ampliamento del canale di Suez, i cui lavori terminati nel 2015 ne hanno raddoppiato alcuni tratti, ha incrementato la migrazione di specie aliene dal mar Rosso al Mediterraneo, dove trovano habitat accoglienti alla loro proliferazione, anche in seguito all’aumento della temperatura e della salinità dell’acqua del Mediterraneo a causa dei cambiamenti climatici. 

«Alcune specie aliene possono essere pericolose perché tossiche al consumo, come è il caso del pesce palla maculato [Lagocephalus sceleratus], entrato dal mar Rosso, che ha una tossina nelle sue carni che, se mangiate, può portare a esiti letali; quindi è un pesce che deve essere conosciuto per evitare che venga introdotto nei mercati e venduto come carne commestibile» aggiunge Castriota. Altre specie pericolose per l’uomo che dal mar Rosso sono entrate nel Mediterraneo sono il pesce scorpione (Pterois miles) e il pesce pietra (Synanceia verrucosa), velenosi al contatto a causa delle tossine prodotte dagli aculei, che provocano dolori lancinanti e in alcuni casi anche la morte. 

Tra i danni economici causati dall’invasione di specie aliene tossiche o velenose ci sono sicuramente quelli legati all’industria turistica, che risente del minore afflusso di turisti che cambiano meta per il timore di imbattersi in queste specie pericolose. Inoltre, anche le attività di pesca possono risentire di specie aliene invasive, come nel caso del granchio blu (Callinectes sapidus), le cui chele taglienti lacerano le reti da pesca; d’altra parte però, il granchio blu presenta anche un aspetto vantaggioso, dato che viene venduto a caro prezzo sul mercato grazie alle sue carni gustosissime.

 

Popolazioni invasive

«In ambiente marino distruggere le specie aliene è una missione impossibile, perché quando arrivano nei nostri mari non vengono identificate immediatamente: hanno bisogno di un certo tempo per sviluppare le popolazioni stabili e, da quel momento in poi, possono diventare invasive e quindi dare luogo a popolazioni preoccupanti. Per questo motivo è indispensabile in mare identificarle prima possibile e per fare questo – che è quello che sta facendo in parte la strategia marina – è importante monitorare le aree di hot spot, cioè quelle aree dove è più probabile che le specie aliene vengano individuate, come i porti e gli impianti di acquacoltura, visto che quelle sono le due attività che maggiormente contribuiscono all’introduzione delle specie aliene nei nostri mari», conclude Castriota.

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