Dona una nuova vita alla tua barca con il progetto Ri-mare

Una barca solca le onde del mare. Non esiste nessun’altra immagine che esprima con questa chiarezza il rapporto che lega un natante al suo ambiente naturale. Eppure al giorno d’oggi sono migliaia le barche che aspettano di tornare a uscire in mare ma, per riaccendere ancora la scintilla del viaggio di Ulisse, hanno bisogno di cure e restauri di cui spesso i proprietari non possono più farsi carico. L’85% delle unità che navigano in Italia sono natanti entro i sei metri, vetusti e con motorizzazioni inquinanti, secondo i dati di Confarca. Una eventuale donazione del natante abbandonato ad associazioni in grado di ristrutturarlo avrebbe diversi vantaggi, sia di rimodernamento e sicurezza della unità in mare, sia ecologici. Le imbarcazioni vecchie e inquinanti spesso, una volta fuori uso o inservibili, vengono abbandonate alla deriva contribuendo in modo significativo all’inquinamento delle acque. 

 

Secondo gli ultimi dati di Ucina, la confindustria nautica, in Italia circolano poco meno di 600.000 barche. Di queste, solo 100.000 risultano iscritte nei registri degli Uffici marittimi e della motorizzazione civile, mentre la stragrande maggioranza non sono immatricolate. Ogni anno 20 navi di grandi dimensioni (quelle per la navigazione d’altura) vengono abbandonate nei porti italiani. A queste si aggiungono 150 relitti e 31 mila imbarcazioni da diporto abbandonate, una bomba ecologica capace di disperdere nell'ambiente 42mila tonnellate di vetroresina, oltreché carburante e altri oli e liquidi reflui che rimangono nei serbatoi e negli impianti e che possono sversarsi e contaminare l’acqua o il terreno circostante.

Motivo che ha spinto Anbea (Albo nazionale dei bioneer dell’energia e dell’ambiente) a sviluppare il progetto Ri-mare con l'obiettivo di offrire un'altra vita alle imbarcazioni arrivate alla fine del loro ciclo di utilizzo, coniugando il recupero e il restauro con un proposito di rilevanza sociale: offrire un'esperienza di navigazione a chi non ha mai avuto l'opportunità di vivere un rapporto speciale col mare.

Allo stesso tempo il progetto Ri-mare pretende supportare gli antichi mestieri legati alla nautica e alle attività costiere per non dimenticare professioni che oggi vanno via via scomparendo, così da offrire occupazione specializzata e corsi di formazione per il trasferimento di competenze tra generazioni sui mestieri del mare.

In una ricerca condotta sul campo da Anbea sono stati intervistati 630 proprietari di natanti e imbarcazioni residenti nelle città costiere di Liguria, Veneto e Campania sul tipo di utilizzo che intendono fare delle loro imbarcazioni nel prossimo futuro. Ne è emerso un rapporto in chiaroscuro: ai molti che desiderano rivivere al più presto la relazione con il mare si affianca un cospicuo numero di proprietari che non utilizzano più la barca. Numerose imbarcazioni inutilizzate, ospitate in condizioni spesso dannose per l’ambiente, terminano la loro vita nell’incuria. Tutte queste imbarcazioni possono vivere nuova vita ed essere recuperate per diverse finalità di tipo sociale.

Il progetto Ri-mare si propone il ripristino di piccole imbarcazioni da pesca, il restauro e la ricostruzione di natanti e imbarcazioni in legno o vetroresina, a vela o a motore nonché la manutenzione e le riparazioni dei motori marini e dei componenti meccanici nautici. La sfida di Ri-mare nasce dal connubio tra le competenze ambientali dei Bioneer e la passione per il mondo sottomarino dell’architetto Domenico Iaccarino, esploratore e archeologo del mare, impegnato per passione anche in attività di controllo biologico delle acque e nel monitoraggio delle coste.

 

Un progetto per la salvaguardia dell’ambiente marino 

«Ri-mare nasce dalla volontà di rivalorizzare le coste italiane e dalla cultura dell'ambiente subacqueo. L’obiettivo è dare una nuova vita alle imbarcazioni in disuso e riabilitare nel contempo un ecosistema di attività oggi quasi scomparse legate al mare e alla cultura costiera» spiega Domenico Iaccarino, responsabile del progetto Ri-mare. 

Il recupero delle imbarcazioni non più utilizzate è fondamentale nella lotta per la salvaguardia dell'ambiente marino perché il 90% dei natanti abbandonati è costituito da plastiche e vetroresine che con il passare degli anni subiscono un processo di deterioramento andando ad alimentare la catena delle microplastiche in mare.L’idea che fa da motore al progetto è la riscoperta del mare e dei suoi fondali per mostrare alle nuove generazioni l’importanza dell’equilibrio tra le attività umane e la vita sottomarina. 

Un brutto segno dei tempi, spiega Domenico Iaccarino, è la scomparsa delle distese di Posidonia che una volta erano parte integrante del paesaggio subacqueo. «Erano come delle foreste sott'acqua e stanno scomparendo, ma nessuno lo sa» commenta con The Bioneer. Da qui nasce l’idea di attrezzare le imbarcazioni restaurate con la tecnologia necessaria per il monitoraggio in tempo reale di tutto ciò che succede sotto la superficie del mare grazie all'utilizzo di sensori, webcam e sonar. A questa attività si affianca quella di analisi biologica delle acque per fare delle imbarcazioni veri e propri laboratori marini flottanti.

La Fenicia V

La prima candidata a rinascere secondo le logiche circolari e sociali del progetto è la Fenicia V, ad oggi dormiente in un cantiere navale di Viareggio.

La Fenicia V fu costruita in serie limitata nei cantieri Mariver sulla base di un progetto risalente agli inizi degli anni ’70 di un “Pierrot” da 37 piedi, poco più lungo dell'originale “Pierrot Mariver” da 31 piedi. Il proprietario, l’architetto Boggiano, la allestì con elementi di design personalizzando gli interni per renderla una vera e propria casa galleggiante più che una barca da regata. Alcuni dettagli furono ideati ad hoc, come il piano del bagno per esempio, ristrutturato con il marmo di Carrara per conferire alla barca un tocco di lusso.

Dopo la morte del proprietario la figlia Francesca si occupò di trasportare la Fenicia V in un rimessaggio per alcune operazioni di manutenzione ma in cambio la barca subì saccheggi e atti di vandalismo. A seguito di queste vicende la Fenicia non aveva più il valore economico di una volta ma solo quello affettivo. «La barca ha per me un grande valore affettivo — spiega Francesca Boggiano — perché per mio padre rappresentava il sogno di una vita. Decisi così di cercare per lei un’altra sistemazione e trovai nel progetto Ri-mare l’alternativa migliore per donare una nuova vita alla barca» racconta. «Uno dei ricordi più vivi della Fenicia V che è rimasto nel mio cuore è la navigazione che facemmo in famiglia da Viareggio a Portofino».

Anbea si sta attivando per il recupero dei fondi necessari al restauro e alle nuove dotazioni per un preventivo che si aggira intorno ai 180 mila euro.Alla fine di settembre sarà organizzato il trasporto della Fenicia V dal cantiere navale di Viareggio a quello di Napoli, dove sarà effettuato il restauro. Il solo viaggio da una città all’altra rappresenta una criticità logistica importante che dovrà essere gestita con le adeguate misure di sicurezza.

 

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