Nel 2050 la blue economy sarà dominata dall’eolico offshore

La crescita esponenziale a livello mondiale dell’eolico offshore scatenerà entro il 2050 una corsa per accaparrarsi una quantità di spazio oceanico equivalente alla superficie territoriale italiana, soppiantando di fatto il petrolio e il gas negli investimenti dell’economia blu. A sostenerlo è il rapporto “Ocean Future to 2050” della società di consulenza DNV, secondo cui l’eolico offshore rappresenterà entro la metà del secolo il 50% degli investimenti di capitale totali della blue economy.

 

 

Blue economy è un termine usato per riferirsi alle attività legate al settore marittimo, come l’energia, l’acquacoltura, il trasporto marittimo e il turismo. L’oceano rappresenta una grande opportunità per lo sviluppo delle fonti rinnovabili perché consente di sfruttare i venti costanti che soffiano in mare aperto e gli spazi ancora non utilizzati del pianeta per l’installazione dei parchi eolici offshore. Secondo il rapporto “Ocean Future to 2050” l’estensione degli spazi marittimi dedicati alla produzione di energia eolica eguaglierà entro la metà del secolo e supererà di poco quella dell’intero territorio italiano. DNV prevede la domanda globale di 368 mila kmq da utilizzare per le infrastrutture di produzione di energia e acquacoltura entro la metà del secolo, in aumento dell’80% rispetto ai 40 mila kmq del 2018, la stragrande maggioranza dedicati all’eolico offshore.

Nel frattempo il settore oil & gas è destinato a un forte ridimensionamento rispetto alla sua attuale posizione predominante, che copre l’80% degli investimenti in blue economy, rappresentando solo il 25% delle capitalizzazioni nel 2050.

La pianificazione dello spazio marino coinvolta nella ricerca della superficie oceanica rappresenterà una sfida senza precedenti in alcune regioni. La crescita sarà particolarmente pronunciata nelle aree costiere caratterizzate attualmente da una bassa penetrazione di fonti rinnovabili. Secondo lo studio, si prevede che la domanda di spazio oceanico crescerà di 50 volte nel subcontinente indiano e di 30 volte in Nord America.

«Attualmente, le regioni che beneficiano maggiormente dell’oceano in termini economici sono quelle che hanno accesso ai giacimenti di petrolio e gas al largo delle loro coste. Ma mentre il mondo si decarbonizza e la necessità di energie rinnovabili cresce, i Paesi che non sono entrati a far parte dell’era dei combustibili fossili possono diventare i protagonisti dell’era del vento» ha spiegato il Ceo di DNV, Remi Eriksen, il quale ha aggiunto che «La blue economy sta entrando in un periodo di diversificazione settoriale e geografica».

Il rapporto di DNV arriva nel momento in cui sta prendendo slancio la transizione energetica offshore guidata dall'eolico in tutto il mondo, attraverso lo sviluppo al largo della Cina, il riuso delle strutture petrolifere e del gas del Mare del Nord e per il tanto atteso debutto dei parchi eolici al largo dell’India.

DNV nel suo ultimo Energy Transition Outlook si aspetta che l’eolico offshore raggiunga una potenza globale di 1,7 TW, con progetti galleggianti pari a 264 GW.

In questo nuovo scenario la blue economy sarà dominata dall’Asia, dove la Cina si affermerà come la potenza globale anche dell’economia blu e suo principale investitore nel 2050, modificando le regole del trasporto marittimo.

Entrando nel dettaglio della tipologia di merci attualmente trasportate dalle navi a livello globale, il 29,4% riguarda gas, greggio e derivati del petrolio (nel 1995 tale quota era del 44%), il 53,5% è costituito da “rinfuse solide” (carbone, minerali e granaglie) e il rimanente 17,1% riguarda il trasporto su navi container (quota più che raddoppiata rispetto al 1995). Un segmento che in termini di valore pesa molto di più del 17% perché vale il 60% del commercio marittimo globale, che nel 2017 è stato pari a 12 trilioni di dollari, secondo i dati forniti dal Centro per la Cultura d'Impresa.

Questa prospettiva è destinata però a cambiare mano a mano che il settore oil & gas perderà la sua egemonia e il trasporto merci guadagnerà terreno. Le navi speciali cresceranno del 31% in stazza e del 53% in valore fino al 2050.

La produzione di pesce da acquacoltura sarà più che raddoppiata entro la metà del secolo, avvicinandosi al livello delle catture selvatiche. Si prevede che la cattura annuale totale sarà di 95 milioni di tonnellate entro il 2050, superando la resa massima sostenibile della pesca marina e sottolineando la necessità di una gestione ottimale delle risorse ittiche.

 

 

 

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