Biomateriali per una edilizia sostenibile

Bioplastiche, calcestruzzo biologico, idrogel. Nuovi materiali alleati con altri tradizionali come il legno potrebbero contribuire alla drastica riduzione dell'impatto ambientale nelle costruzioni o nelle infrastrutture. Che l’architettura sostenibile sia la norma e non l’eccezione dipende in parte da loro.


Secondo l’International Council for Research and Innovation in Building and Construction, questo settore è responsabile tra il 12% e il 16% del consumo di acqua, il 25% del legno raccolto, il 40% dei materiali vergini estratti e il 20%-30% del emissioni di gas serra (GHG). Genera inoltre il 40% del flusso totale di rifiuti.
In sintonia con la sensibilità sociale ecologica, l’architettura sostenibile si sta facendo strada; tra i suoi pilastri, la ricerca e lo sviluppo di biomateriali come alternativa a quelli tradizionali.
L’utilizzo del cemento è predominante in vari tipi di infrastrutture, da quelle urbanistiche a quelle di alta ingegneria come ponti, dighe, porti o viadotti.

Ad esempio, secondo il Laboratorio di Ingegneria Sostenibile della Spagna, la produzione di una tonnellata di cemento richiede 1,5 tonnellate di roccia calcarea e il consumo di grandi quantità di combustibili fossili, e il suo utilizzo è dominante  per fare solo alcuni esempi. Ebbene, ogni anno l’industria del calcestruzzo – il materiale da costruzione più utilizzato al mondo e, dopo l’acqua, il prodotto più consumato del pianeta – utilizza 1,6 miliardi di tonnellate di cemento e un miliardo di tonnellate di acqua.

Il professore e autore David F. Williams, che ha curato la rivista scientifica “Biomaterials”, definisce i biomateriali semplicemente come quelli “che interagiscono con i sistemi viventi”. Ma un edificio a minor impatto ambientale non ammette qualunque materiale biologico, deve soddisfare vari requisiti fondamentali: che provenga da risorse naturali e che la sua produzione sia sostenibile, che adempia alla sua funzione costruttiva (cioè che sia resistente, sicuro, atossico e durevole) e, una volta terminata la sua vita utile, che possa essere riciclato ed entrare a far parte dell’economia circolare o essere biodegradabile.

 


La sfida di sostituire la plastica

Gran parte della ricerca attuale è focalizzata sulla ricerca di un’alternativa “eco” alla plastica, non solo nel settore delle costruzioni ma in qualsiasi altro, come quello alimentare, dove il suo uso è massiccio e globale. Da qui la sua capacità contaminante in generale, e in particolare in versioni particolarmente pericolose come le microplastiche presenti in mare e nella catena alimentare. A questo riguardo è tristemente nota la storia dell’isola della spazzatura, a nord dell’Oceano Pacifico tra California e Hawaii, dove secondo uno studio sulla rivista Nature, i rifiuti si espandono di 1,6 milioni di km quadrati (quasi tre volte la dimensione della Francia) e contengono quasi 80mila tonnellate di plastica. E la situazione non può che peggiorare se ancora oggi vengono acquistate ogni minuto un milione di bottiglie di plastica e, all’anno, vengono utilizzati 500.000 milioni di sacchetti.

L’ingegneria civile utilizza quasi il 23% della produzione di plastica globale e di fatto architetti e designer dipendono ancora dall’uso della plastica per massimizzare energia, efficienza, durata e prestazioni degli edifici residenziali come dei commerciali. Le materie plastiche sono utilizzate in coperture, pareti, finestre, recinzioni e tubazioni; la loro produzione non solo provoca l’esaurimento dei combustibili fossili ma anche effetti negativi sull’ambiente. Per contrastarli gli scienziati hanno lavorato continuamente per trovare nuovi tecniche per produrre materie plastiche, che siano sostenibili, rinnovabile e biodegradabili. 

Le bioplastiche sono alternative molto buone alle plastiche convenzionali. I biocompositi non solo possono sostituire i compositi a base di petrolio, ma forniscono anche rapporti di forza equivalenti al peso.  
Sebbene questo materiale non sia integrato nella struttura degli edifici, è presente negli isolamenti, nei rivestimenti, nei soffitti, nelle finestre e nelle tubature, nonché nei mobili e negli oggetti di uso quotidiano delle case. «In questo momento la maggior parte della ricerca è nelle bioplastiche», afferma Eva Paz Jiménez, del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Istituto di Ricerca Tecnologica della Pontificia Università di Comillas. «Il componente principale della plastica è il carbonio, che fino ad ora veniva estratto da risorse fossili come il petrolio. Ma un materiale la cui composizione fondamentale è il carbonio può essere ottenuto anche da risorse naturali di origine vegetale, ad esempio mais, canna da zucchero, barbabietola, rifiuti organici».

Tuttavia, come avverte uno studio del 2016, il costo delle bioplastiche è ancora superiore a quello delle plastiche a base petrolchimica, quindi è necessario investire in innovazioni per produrle in modo più economico e quindi abbondante. «Alcune semplici tecniche per contrastare questo problema di costi includono l’uso di materie prime a basso costo come scarti di lavorazione agricola o alimentare, rifiuti liquidi generati da impianti di trattamento delle acque reflue o la frazione organica dei rifiuti urbani», osserva l’esperta.
Per sostituire la plastica in diversi usi, sono già stati sviluppati biocompositi basati su materiali come cellulosa, chitina (parte delle pareti cellulari dei funghi) o chitosano (dal guscio dei crostacei). «Questi polisaccaridi sono molto importanti perché si tratta di risorse abbondanti e rinnovabili», spiegano gli scienziati dell’Università di San Paolo (Brasile).


La riscoperta del legno

I biomateriali non devono provenire solo da processi tecnologici sofisticati. Alcuni, come il legno, sono sempre esistiti, anche se in parte sono stati messi da parte dall'architettura moderna e dallo sviluppo dei materiali sintetici. Ma alcuni architetti rivendicano il loro ritorno.

Nel 2019, uno studio sul suo utilizzo nelle facciate sosteneva che “la produzione di legno come materiale da costruzione comporta solo circa il 10% del consumo energetico necessario per produrre una quantità equivalente di acciaio. La sua impronta di carbonio è nettamente inferiore anche a quella del vetro o del cemento”. Poiché gli alberi immagazzinano carbonio nel tessuto del legno, possono sequestrare efficacemente la CO2, contrarrestare e compensare le emissioni associate ad altri materiali. 

 


Uno dei suoi più grandi sostenitori dell’architettura sostenibile è Pierre Blanchet, dell’Università del Quebec (Canada). «Il legno è un materiale molto versatile e facile da lavorare. I diversi usi dei compositi di legno si diversificano costantemente per consentire al progettista un maggiore utilizzo degli stessi», spiega. I suoi vantaggi includono un montaggio più rapido, la sensazione di comfort e calore o la versatilità per progettare spazi personalizzati. «Grazie alla sua facilità di lavorazione, dovrebbe posizionarsi come il campione della personalizzazione», afferma Blanchet, che ha condotto esperimenti per migliorare la capacità termica: «I pavimenti realizzati con pannelli impregnati potrebbero immagazzinare energia solare e quindi migliorare l’efficienza energetica degli edifici. L’obiettivo è immagazzinare più fibra possibile negli edifici e trasformare il materiale da costruzione in un pozzo di carbonio. Un altro obiettivo è quello di ottimizzare la durabilità, per resistere meglio all’umidità e agli sbalzi di temperatura ed evitare che si degradi prematuramente.

Ma la sua produzione deve rispettare le foreste, come sottolinea Eva Paz Jiménez: «Se ora ci dedichiamo tutti a costruire con il legno, inizieremmo ad abbattere tutti gli alberi? Faremmo nuove piantagioni e spenderemmo molta acqua per mantenerle?». La risposta a queste sfide di produzione e gestione sostenibili è una delle linee di ricerca più importanti.

A tal proposito, Blanchet ritiene che il legno, per la sua natura bio-based, è l'unico materiale da cui può essere gestito il suo rinnovamento, poiché il rimboschimento viene effettuato sulla scala del tempo umano, a differenza del rinnovamento delle risorse minerali o petrolifere che si svolge nella scala temporale della vita del pianeta. Ma la deforestazione utilizza una vasta area di territorio e questo è il suo principale svantaggio. Per superarlo, la società deve accettare che dedichiamo aree alla crescita degli alberi nello stesso modo in cui dedichiamo aree agricole per alimentarci.


Cementi e idrogel

Un altro campo di ricerca prioritario è la ricerca di alternative al cemento, una sfida dovuta al suo uso massiccio come supporto strutturale. Al momento, il calcestruzzo biologico esistente presenta limitazioni in termini di resistenza, duttilità, durabilità e fessurazione, sebbene la sua vita utile possa essere più lunga di quella del calcestruzzo classico. Alcuni batteri utilizzati nel biocemento sono patogeni e non possono essere applicati direttamente alle strutture di case e uffici per evitare rischi per la salute. Accentuare i vantaggi e ridurre gli inconvenienti è quindi l’obiettivo della scienza.

Da parte loro, anche gli idrogel (polimeri che si gonfiano quando assorbono l'acqua) emergono come nuovi materiali in diverse applicazioni, tra cui architettura e design. Il loro contributo può essere indirizzato verso tre obiettivi, secondo un articolo del 2018 pubblicato su “Material Studies”: migliorare le prestazioni e la reattività dei componenti dell’edificio, come vetri e finestre; fungere da struttura ambientale per la regolazione della temperatura e dell’umidità; e nelle facciate in vetro dove consentono la contrazione a bassa temperatura per l’ingresso della luce solare o l’espansione con il calore come tapparella/serranda.

Dal canto loro, alcuni studi di design si sono specializzati nella ricerca sui biomateriali. È il caso di Modern Meadow (New York), nata come collaborazione multidisciplinare tra design, biologia e scienza dei materiali per portare a modi più intelligenti di produrre materiali evoluti, ispirati alla natura e coltivati a partire dagli elementi essenziali della vita: cellule, DNA e proteine.


Cambiamento di mentalità

Affinché l’edilizia e le infrastrutture sostenibili diventino una realtà quotidiana, devono essere affrontate diverse sfide. È necessaria una maggiore pressione normativa per fare in modo che le certificazioni ambientali diventino più stringenti. La consapevolezza sociale gioca un ruolo sempre più rilevante, come rilevanti sono i cambiamenti nell’idea di comunità, città, abitazione e casa, che muta anch’essa andando ben al di là di bene immobile che si tramanda di generazione in generazione.
Chi costruisce, deve essere lungimirante, per se stesso, per i propri figli e per l’ambiente. 


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