L’inquinamento silente di Internet

Per vincere la sfida della transizione ecologica abbiamo bisogno di digitalizzazione e innovazione tecnologica, due alleati da tenere ben stretti nel percorso di rinascita verso un mondo a trazione energetica pulita e rinnovabile. Spesso quando pensiamo al digitale facciamo riferimento a un sistema intangibile, alla leva indispensabile per lʼabilitazione di tutti i meccanismi che semplicemente ci consentono di navigare su internet, di scrivere una mail, di fare una ricerca su Google. Però la rivoluzione digitale di cui tutti facciamo parte ha un costo in termini di cambiamento climatico e sta già facendo pagare un prezzo, quello della sostenibilità ambientale. Niente è gratis, tanto meno la rivoluzione digitale, dal momento che per funzionare ha bisogno di una quantità di energia enorme, per lo più prodotta ancora da carburanti fossili, i principali responsabili delle emissioni di CO2.

 

Il lato oscuro della rete

Contrariamente a quanti pensano che la digitalizzazione sia la soluzione per efficientare processi e vincere la partita della sostenibilità, i suoi effetti sull’ambiente potrebbero costarci cari se non si adottano per tempo misure volte a un buon uso della risorsa digitale.

Non sempre si tiene conto dell’utilizzo massivo di energia necessaria alla consultazione dei contenuti online, alla nostra vita social, alla generazione di criptomonete, senza considerare le emissioni generate dalle industrie manifatturiere nella produzione dei dispositivi mobili, oggi a quota 31 miliardi, secondo un’inchiesta di Gartner.

Grazie ai dati del progetto Karma Metrix, un pacchetto di soluzioni e strumenti per la misurazione dell’efficienza energetica dei siti web ideato da AvantGrade, sappiamo oggi che i siti internet inquinano come un paese nel paese. Se osserviamo il fenomeno a livello globale il problema è più che preoccupante. Il web rappresenta la quarta nazione al mondo in termini di inquinamento dopo Cina, Stati Uniti e India. I numeri parlano da soli: 1.850 milioni di tonnellate di CO2 in un anno, stando una stima del Global Carbon Project. Ogni secondo Google elabora 47 mila ricerche dei suoi utenti che messi insieme partoriscono mezza tonnellata di CO2, una vera barbarità.

Strano ma vero, a tradire l’ambiente ci pensano proprio i siti web delle associazioni ambientaliste: come il WWF, che produce il 347% in più di CO2 rispetto alla media, Sea Sheperd che genera 624 kg di CO2 in un anno (+226% rispetto alla media) e Fridays For Future (Greta Thunberg) che inquina un 228% in piu rispetto alla media.

 

 

Data center al freddo

Nonostante i numeri scoraggianti del web la verità è che proprio il settore informatico ha il potenziale più alto in termini di strategie per l'abbattimento della CO2. Infatti, grazie all’adozione di nuove strategie sostenibili, oggi non si spinge  verso la costruzione di grandi data center più simili a serre che a processatori di dati, ma verso strutture razionali, localizzate in posizioni geografiche strategiche. Già nel 2019 ad esempio Google annunciava un investimento di 600 milioni di euro per il progetto di un data center ad Hamina, in Finlandia, mentre Facebook aveva pensato a Luleå, in Svezia. I Paesi del nord infatti, grazie alle loro temperature basse e alla presenza abbondante di acqua facilitano le operazioni di raffreddamento rendendo più economico il processo e più longeva la vita delle macchine. 

Oltre alla scelta strategica del posizionamento geografico, per ridurre le emissioni di un data center è opportuno tenere sotto controllo i carichi di lavoro evitando picchi e surriscaldamenti. La classificazione corretta e uniforme dei carichi del data center è la parte più importante del processo di determinazione della sua efficienza energetica. La miglior soluzione si rivela sempre quella di fare affidamento su grandi fornitori di servizi cloud che privilegiano sempre più l’utilizzo di energia idroelettrica, eolica e solare, scegliendo come siti di insediamento aree di approvvigionamento energetico a basse emissioni di carbonio, come gli impianti idroelettrici nella regione del Quebec. In alternativa, i provider cloud possono stipulare accordi con fornitori di energia per garantire che essa provenga da fonti rinnovabili. 

A chiudere il cerchio sostenibile ci pensano ancora una volta i paesi scandinavi, in questo caso la Finlandia.  Già da un decennio nella capitale Helsinki è operativo un sistema di teleriscaldamento progettato da Academica che permette di recuperare l’energia prodotta dai data center e convogliare calore e acqua calda nelle abitazioni. Il modo perfetto per saldare il conto con l’ambiente e allo stesso tempo risparmiare sulla bolletta.

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