La finanza verde contro i rischi climatici

In un futuro non molto lontano, il cambiamento climatico potrebbe sconvolgere profondamente le economie in cui viviamo, le imprese per cui lavoriamo e le fonti di sostentamento su cui poggiano le nostre vite. Questo futuro riguarda già i prossimi decenni, perciò bisogna mobilitare urgentemente tutti gli strumenti a disposizione e inventarne di nuovi, per affrontare una sfida planetaria che rischia di diventare una catastrofe. 

La lotta ai cambiamenti climatici e gli sforzi per raggiungere uno sviluppo sostenibile richiedono la mobilitazione e il coinvolgimento del sistema finanziario, che deve allinearsi agli obiettivi dell’Agenda 2030 e dell’Accordo di Parigi.

 

Il complicato processo di transizione verso un futuro energetico basato sulle fonti rinnovabili richiede un cambiamento di paradigma e l’impegno di tutto il sistema industriale e finanziario.

La finanza si delinea come una preziosa alleata della transizione poiché ha il potere di indirizzare alla sostenibilità con una massiccia riconversione degli investimenti.

 

Una rete per diffondere la finanza verde

Come per tutte le sfide di carattere globale, anche nel campo della finanza sostenibile è fondamentale il coordinamento internazionale delle iniziative nei vari ambiti, per massimizzare i risultati ed evitare di vanificare gli sforzi. 

Creato nel 2017, il Network for Greening the Financial System (Ngfs) riunisce 83 banche centrali e autorità di vigilanza con lo scopo di accelerare l’espansione della finanza verde e facilitare il conseguimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, rafforzando il ruolo del sistema finanziario per gestire i rischi dal punto di vista ambientale e mobilitare capitali per investimenti verdi e a basse emissioni di carbonio nel più ampio contesto di sviluppo sostenibile. Il Ngfs promuove le migliori pratiche e svolge un lavoro analitico sulla finanza verde, contribuendo così alla raccolta di dati e allo sviluppo di metodologie di misurazione dei rischi climatici. 

 

L’impatto dei rischi climatici secondo la Bce

La Banca centrale europea (Bce) si propone di monitorare con analisi teoriche ed empiriche le implicazioni che il cambiamento climatico avrà a livello economico e finanziario nei prossimi trent’anni, conducendo una prova di stress di dimensioni imponenti estesa a tutti i settori dell’economia per valutare la capacità di tenuta di imprese e banche in possibili scenari climatici e l’impatto di potenziali fenomeni naturali estremi su attività e bilanci, grazie a dati finanziari e climatici riferiti a quattro milioni di aziende in tutto il mondo e duemila banche, ossia quasi tutte le istituzioni finanziarie e monetarie dell’Eurozona. Si tratta di un notevole progresso nella comprensione e nella quantificazione dell’impatto dei rischi climatici sulla stabilità economica e finanziaria dell’Eurozona.

I rischi climatici si suddividono in due categorie, quelli fisici e quelli di transizione, come ha spiegato il vice presidente della Bce Luis de Guindos. I rischi fisici dipendono dalle calamità naturali, variano a seconda della zona (in Europa meridionale è maggiore il rischio legato a  stress termici e incendi, in Europa centrale e settentrionale quello di inondazioni) e potrebbero causare alle imprese nelle zone a rischio interruzioni dei processi produttivi e fallimenti.

I rischi di transizione invece dipendono da politiche di contrasto al cambiamento climatico, volte ad esempio a ridurre le emissioni di carbonio con l’imposizione di imposte, influendo così negativamente su alcuni settori energivori e altamente inquinanti, come l’industria siderurgica, mineraria e cementiera. 

Le politiche climatiche aumentano dunque i rischi di transizione nel breve periodo, ma riducono quelli fisici a lungo termine: i risultati preliminari dello stress test, rivela Luis de Guindos, evidenziano che le spese che le imprese dovrebbero affrontare a breve termine per adeguare la produzione a politiche verdi sono molto inferiori rispetto ai costi che si troverebbero a sostenere a causa dell’aumento di eventi naturali estremi nel medio-lungo periodo, se non si avviano politiche ambientali lungimiranti. Il cambiamento climatico rappresenta una grossa minaccia anche per le banche con portafogli concentrati in alcune aree geografiche e determinati settori economici; ecco perché si prevede che banche e assicurazioni comincino a ridurre risorse nei contesti più esposti a questi rischi. 

Per tutti questi motivi è urgente, non solo dal punto di vista ambientale ma anche economico e impresariale, una transizione ecologica.

Mentre la Bce testerà le banche significative dell’Eurozona dal 2022, diversi paesi stanno considerando di effettuare stress test climatici e le autorità di Australia, Brasile, Canada, Hong Kong e Singapore hanno già annunciato prove per questo o il prossimo anno.

La Bce ha recentemente delineato vari interventi a sostegno della lotta al cambiamento climatico: il nuovo piano d’azione annunciato l’8 luglio stabilisce ad esempio l’acquisto di obbligazioni societarie solamente da aziende in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e impone la sostenibilità ambientale come criterio necessario per accettare un titolo come collaterale. 

 

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