Gli scenari della mobilità elettrica

Copernico ancora non se lo poteva immaginare ma le rivoluzioni scientifiche che avrebbero fatto seguito a quella che porta il suo nome sarebbero state in un modo o nell’altro anch’esse “copernicane”. Per rilevanza scientifica, sociale e umana, tutti i più importanti passi fatti in ambito tecnologico e innovativo hanno condotto a punti di rottura con il passato, a discontinuità che hanno cambiato per sempre la visione del mondo, dalla lampadina di Edison all’elegante equazione della relatività generale di Albert Einstein, alla visione digitale di Steve Jobs. Questi traguardi hanno richiesto continui mutamenti di paradigma scaturiti da idee e intuizioni che, poco alla volta, infiltrandosi nelle crepe della teoria dominante, ne hanno scardinato l’intera struttura, per dirla con le parole del filosofo della scienza Thomas Khun. È su questo apparente paradosso che si fonda la base della ricerca scientifica: una teoria non falsificabile non è attendibile. Aspettiamoci dunque che il futuro ci riservi grandi sorprese, scoperte inaspettate che potranno da un momento all’altro ribaltare anche le teorie più fondate; una di queste è che il futuro della mobilità dipenda dagli elettroni.

L’auto elettrica ci ricorda un po’ quello che successe con le più importanti rivoluzioni copernicane del ventesimo e ventunesimo secolo, a partire proprio dal fotovoltaico, quando le potenzialità di cambiamento erano altissime. Sarà anche il ruolo della mobilità elettrica nella transizione energetica italiana un imprescindibile vettore di trasformazione culturale? Se ne è parlato nel corso di un evento organizzato dalla RCS Academy e Motus-E, nel quale si sono avvicendati interventi dei rappresentanti dell’electric-revolution in un panel di eccellenza, che ha visto la presenza degli attori protagonisti in questo passaggio, unanimi nell’esprimere il loro impegno per il raggiungimento degli obiettivi della transizione. A partire dal Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, intervenuto per offrire una panoramica di insieme delle proposte e degli interventi, messi in pista dal Mite per affrontare la complessità di un cambiamento epocale. Vincolati agli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, 57 miliardi sono stati stanziati per la transizione ecologica, tra le cui azioni è prevista la semplificazione fiscale per le rinnovabili, incentivi per incrementare l’efficienza energetica di edifici pubblici e privati, un piano investimenti per ridurre il dissesto idrogeologico del paese e iniezioni di capitale per modernizzare le infrastrutture idriche. Nonostante nella bozza del governo Conte fossero previsti 12 miliardi in più per la transizione ecologica, Cingolani sembra essere ottimista nel ridisegno di un paese dal cuore verde lanciando un appello a tutti i cittadini e alle forze politiche nella richiesta di un maggior controllo del nostro modello di sviluppo che «potrebbe portare a conseguenze irreversibili se non arginato in tempo». Per perseguire questi obiettivi occorre anche puntare a una coordinazione internazionale per riequilibrare le disuguaglianze planetarie in questo sforzo. Per tutti i paesi nel mondo è oggi il momento di investire per raggiungere gli obiettivi degli accordi di Tokyo.

Sul tema che attanaglia il dibattito sulle infrastrutture necessarie a garantire la transizione ecologica, Cingolani ricorda che Joe Biden ha già messo sul piatto 2,3 trilioni di dollari per agevolare in tempi rapidi la svolta green, 174 miliardi per le auto elettriche e la creazione di 500 mila punti di ricarica per garantire una maggiore autonomia di spostamento. E l’Italia è pronta a supportare questo cambiamento?

«Elettrificare rimane la parola d’ordine» dice il ministro, per questo il Mite ha in progetto di installare 70 miliardi di watt in impianti, impegnandosi a moltiplicare per dieci gli sforzi tuttora in atto. Nei progetti in essere del Ministero svettano il consolidamento della supply chain nazionale per abbattere le dipendenze dal mercato estero, l’ancoraggio della produzione di batterie alle gigafactory europee e investimenti negli accumulatori di rete per consentire di gestire al meglio i flussi di corrente discontinui generati dal parco delle rinnovabili.

Un progetto sfidante ma che rischia di non essere sufficiente a far decollare la domanda di veicoli elettrici, attualmente non competitivi sul versante prezzi. La ricetta per Cingolani è agevolare una crescita del mercato elettrico ma la questione è più complessa di quello che sembra, dal momento che allo stesso tempo è necessario ridisegnare gli spazi urbani per renderli accessibili alla nuova mobilità.

 

Infrastrutture non al passo coi tempi

Ripensare la rete delle infrastrutture e il concetto di mobilità cittadina deve far leva sul motore delle partnership e sul vantaggio competitivo per l’intero sistema paese, elementi oggi indispensabili per generare la creazione di valore. È questa la vision di EnelX il cui obiettivo è dimostrare che la percezione della sostenibilità è cambiata da quando la sensibilità verso queste tematiche non ha più una connotazione solo etica ma anche economica.

I grandi fondi non investono più in progetti che non prevedono al centro del loro piano di business la sostenibilità, secondo quanto accennato nel suo intervento da Francesco Venturini, amministratore delegato di EnelX. Anche la Cina, uno dei paesi più inquinati al mondo, ha effettuato da anni i maggiori investimenti a livello globale nelle rinnovabili, siglando un piano di sviluppo nel quinquennio 2017-2022 che le garantisce di sbaragliare Usa, Germania e India messi insieme, con ben 367 miliardi di dollari di capitale allocato in progetti green da cui si prevede una spinta occupazionale di 10 milioni di posti di lavoro, secondo i dati della International Energy Agency.

Nel suo intervento Venturini ha puntato il dito contro le inefficienze del sistema infrastrutturale e burocratico italiano che conta sul 21% delle oltre 19 mila colonnine completamente inutilizzabili perché non allacciate alla rete elettrica e ha sottolineato la necessità di lavorare guardando ai dettagli insieme con le amministrazioni territoriali.

Della nuova infrastruttura rischiamo però di non farcene un bel niente se non saremo in grado di gestirla, non potendo fare a meno di nuove competenze in ambito professionale. La transizione ecologica dovrà investire anche nella formazione di nuove figure professionali e di strumenti in grado di riqualificare gli addetti di oggi, secondo la visione a lungo spettro di Roberto Di Stefano, vicepresidente di Motus-E.

 

 

Batterie di nuova generazione, prezzi più competitivi

L’importanza delle partnership per un funzionamento senza intoppi dell’intera filiera è sacro anche per Volkswagen, convinta di ritenere fondamentale la riconversione di molti comparti di componentistica dell’automotive per la fabbricazione di auto elettriche. 

Oggi tra i brand più tecnologicamente avanzati nella produzione di veicoli green, il marchio tedesco ha deciso di abbattere i costi delle nuove auto con la democratizzazione del settore elettrico puntando a ridurre i costi di un 30%. Un obiettivo che è possibile raggiungere partendo dalla gestione del ciclo di produzione e smaltimento delle batterie, a oggi il fattore numero uno deputato a sbilanciare la politica dei prezzi.

Decisivo sarà anche il sostegno che l’apparato statale metterà in campo per sollecitare la domanda di veicoli; l’obiettivo del 2030 per gli esperti di Motus-E è ridurre della metà il costo della vettura con erogazione a pioggia di incentivi ed ecobonus. Una traguardo già raggiunto dalla Germania – che ha messo in pista un programma da 3 miliardi di euro che si concluderà alla fine del 2021 – e dalla Spagna, seconda in Europa grazie a benefit di 5 mila euro.

 

Siamo vicini al punto di non ritorno

L’Europa è già elettrica: di fatto da quando nel 2020 è stato introdotto un quadro incentivi per ogni paese, nel continente si sono vendute più auto che in tutta la Cina.

Da gennaio 2021 allo scorso maggio sono state targate 54 mila vetture elettriche, e più se ne venderanno, meno costeranno, come si ha evidenza da uno studio di Bloomberg che proietta in sei anni il punto di pareggio in comparazione al costo dei veicoli a motore endotermico. Secondo queste stime entro il 2030 in Germania, Francia e Spagna il 50% delle auto circolanti avrà un propulsore a elettroni.

Il 2035 passerà alla storia come l’anno in cui sarà stata venduta l’ultima versione con motore a combustione interna.

Il resto è futuro.

 

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