Non solo elettrico, soluzioni a basso impatto carbonico

Lʼelettrico è la mobilità di domani: su questo tema scienziati e politici sembrano essere tutti d’accordo. Le auto elettriche domineranno le nostre strade già nel prossimo decennio, quando i costi di produzione delle batterie e dei motori crolleranno a seguito delle conquiste tecnologiche e diventeranno più democratici grazie agli interventi statali. Ad oggi però dobbiamo fare i conti non solo con un parco vetture obsoleto – un’automobile su dieci ha più di 28 anni secondo i dati Aci – ma anche con carenze infrastrutturali gravissime, basti pensare ai 42 miliardi che negli ultimi dieci anni sarebbe stato necessario investire per modernizzare l’intera rete provinciale e alla insufficienza della rete elettrica nazionale per assorbire le nuove esigenze di mobilità.

 

Qualcosa non va

Si fa un gran parlare di elettrico ma non delle modalità per affrontare le sfide di domani; non sono del tutto chiare le risorse che saranno messe a disposizione e, come se ciò non bastasse, le 20 mila colonnine di ricarica oggi installate su tutto il territorio rivelano l’insostenibilità strutturale alla base della crescente domanda di cambiamento. Secondo le previsioni di Motus-E infatti il numero di veicoli elettrici in Italia sarà destinato a sfiorare il milione di unità nel 2026 ma il piano infrastrutturale dedicato a questo mercato non è ancora pronto. E allora l’approccio del cittadino si fa confuso, vigendo la regola del “si salvi chi può”: di fronte a queste incertezze c’è chi preferisce rimanere affezionato alle supercar degli anni novanta dai sedili che sembrano salotti e chi per ricaricare la sua utilitaria green è costretto a tirare giù un cavo dal balcone di casa sua. 

Come se non bastasse una dura crisi sta colpendo le catene di fornitura dei semiconduttori, che allunga non poco i tempi di consegna su moltissimi modelli di qualunque alimentazione. Un duro colpo soprattutto per i costruttori nipponici costretti a dover ridurre gradualmente la produzione. Ultime in ordine di tempo Subaru e Toyota che hanno dovuto temporaneamente chiudere alcuni stabilimenti.

 

Exxon, Porsche e metanolo

Crisi dei semiconduttori a parte, sono ancora le auto con motore endotermico alimentato a petrolio quelle che si contano nella stragrande maggioranza sulle strade italiane. Se l’elettrico per affermarsi come una tecnologia matura dovrà affrontare grandi sfide infrastrutturali, ad oggi il passaggio intermedio tra il benzinaio e la presa di corrente punta a introdurre, dove possibile, nuove soluzioni a basso impatto carbonico. Il metanolo è uno di queste meno costoso da produrre in modo sostenibile, meno costoso per ridurre l’impronta di carbonio. Il metanolo può essere ottenuto da idrocarburi o risorse rinnovabili, in particolare gas naturale. Può anche essere sintetizzato a partire da da CO2 e idrogeno basso costo e con benefici per l’ambiente. Un veicolo a metanolo emette il 70% in meno di CO2 nel suo ciclo di vita rispetto a un normale veicolo a carburante, con emissioni medie di soli 46 g/km di CO2. Rispetto al diesel o alla benzina, il metanolo brucia in modo più pulito e coerente, senza fumo e non emette solfuri. 

Sebbene il metanolo sintetico sia più pulito dei combustibili fossili, ci sono però ancora ostacoli per renderlo a emissioni zero. L’attuale produzione di metanolo deriva dalla riformazione del carbone o del gas naturale e il processo genera quantità significative di gas serra. Per rendere il processo a zero emissioni sono allo studio diversi progetti, tra questi la nuova auto a metanolo verde della cinese Geely, ideata per ottenere metanolo dalla cattura della CO2.

Anche un affezionato al carbonio come Exxon ha avviato da tempo la strategia della low carbon mobility, ad oggi la giusta via di mezzo tra l’elettrificazione e il motore a scoppio alimentato a petrolio. Si prevede che questo genere di carburante sintetico raggiungerà una riduzione delle emissioni di gas serra fino all'85%, se miscelato agli attuali carburanti standard sul mercato. 

Con un progetto pilota sul biocarburante per il trasporto marittimo sbarcato nel porto di Rotterdam, la strategia di Exxon è ampliare la collaborazione anche con i costruttori dell’automotive per la produzione di combustibile sintetico a basso impatto ambientale. Preparato a partire dall’idrogeno e dal diossido di carbonio estratto dell’atmosfera, il metanolo sarà il protagonista di questa nuova visione a basso impatto, ma per il momento il suo utilizzo è circoscritto ai circuiti da competizione. È nota in questo senso la partnership stipulata con Porsche che sembra dirigere la sua attenzione sul ruolo chiave che giocheranno i motori di nuova generazione.

Come cliente Exxon e sperimentatore principale di questo combustibile, il marchio tedesco utilizzerà il nuovo carburante durante la stagione della Porsche Mobil 1 Supercup. Durante gli ultimi vent’anni Exxon ha investito più di dieci milioni di dollari in investigazione, sviluppo e implementazione di soluzioni energetiche a bassa emissione carbonica con l’obiettivo di accelerare il processo di decarbonizzazione. I risultati non si sono fatti attendere, permettendo un risparmio nelle emissioni pari a circa 480 milioni di tonnellate di CO2.

 

Soluzioni di mobilità condivisa

Non solo i biocarburanti possono oggi rappresentare una reale spinta nel percorso verso le zero emissioni, anche un semplice ridisegno nel paradigma della mobilità urbana può condurre a risultati concreti. È il caso della mobilità condivisa, dell’auto concepita come servizio, una modalità di vivere gli spazi urbani sempre più richiesta, soprattutto dagli under 35. Un’oasi nel deserto se solo pensiamo che l’Italia, dopo il Lussemburgo, detiene il primato di paese europeo con il più alto rapporto abitanti/auto. “Il concetto stesso di mobilità condivisa supporta il processo di abbattimento dei consumi e delle emissioni – spiega Giovanna D’Esposito, general manager south Europe di Uber – e tutto parte da un uso più razionale dei mezzi, nella direzione di una maggiore efficienza”.

 

Navale a idrogeno

Se il trasporto su gomma rappresenta solo una minima parte dell’impronta carbonica da fonti fossili, una delle industrie di trasporto più compromettenti per il suo alto impatto ambientale è senza ombra di dubbio quella marittima. Le auto sono infatti responsabili dello 0,6% delle emissioni globali di CO2, mentre il traffico navale rappresenta il 2%, senza però considerare la produzione di inquinanti primari e secondari come particolato, ossidi di zolfo, di azoto e di ozono, che hanno effetti dannosi sulla salute oltre che sull’ambiente e sul clima. “È per questo motivo che stiamo predisponendo le tecnologie per adottare i combustibili del futuro” dice Marco Golinelli, direttore energy solutions di Wärtsilä Italia, società con headquarter finlandese che si occupa di soluzioni per la generazione di energia per il settore marino e terrestre. “A noi piace pensare a un mix di soluzioni energetiche di combustibili liquidi – prosegue Golinelli – metano, biometano, idrogeno. Analizziamo le alternative locali a disposizione per generare la massima efficienza”. Nonostante l’idrogeno sembri garantire risultati sorprendenti all’industria navale, ancora oggi rappresenta una criticità che impone la ricerca di soluzioni innovative per il suo stoccaggio attraverso la costruzione di infrastrutture grandi e complesse.

 

Se l’elettrico costa troppo almeno riconvertiamo

La mobilità per essere sostenibile deve essere armonica; parola di Snam, che punta tutto sul biometano – ottenuto dal riciclaggio dei residui urbani, agricoli e industriali – come fonte energetica rinnovabile in grado di alimentare tutte le tipologie di trasporto. L’Italia parte con qualche misura di vantaggio rispetto ad altri paesi europei contando già su una discreta rete di distribuzione di gas naturale, oggi convertibile in stazioni di biometano. “Il biometano è la principale alternativa al diesel nel trasporto pesante” spiega Daniele Lucà, senior vice president Global Sustainable Mobility di Snam. Ma non solo, perché può rappresentare un punto di equilibrio nella bilancia economica e ambientale. La sostenibilità secondo Snam non si basa solo su investimenti in mezzi total green ma anche sulla riconversione dell’alimentazione dei 50 milioni di veicoli circolanti in Italia a biometano, accettando la sfida di integrare il vecchio con il nuovo.

 

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