Circolarità: ridisegnare i processi per salvare l’ambiente

Che si tratti di isole di spazzatura nell’oceano o dei 40 milioni di pneumatici usati nel deserto del Kuwait visibili dallo spazio, i segni che il mondo sta soffocando nella spazzatura non sono difficili da trovare. E questo ha conseguenze devastanti per il clima, gli ecosistemi e la salute umana.

 

Attualmente viviamo in un sistema economico lineare progettato per estrarre materie prime, trasformarle in beni utilizzabili e infine gettarle in una discarica o in un inceneritore, riciclarle o smaltirle in natura. Un’economia circolare mira invece a creare un sistema che eviti il ​​più possibile gli sprechi e riutilizzi le risorse per nuovi prodotti.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario ripensare completamente al modo in cui il design può estendere il ciclo di vita di un prodotto. Un esempio su tutti sono i contenitori usa e getta per cibi e bevande: sebbene siano realizzati in cartone, sono spesso ricoperti da uno strato di plastica che rende il riciclaggio difficile e talvolta impossibile.

Quando si tratta di dispositivi elettronici va forse peggio. Progettati per essere cambiati quanto più spesso possibile, risulta più semplice ed economico acquistare un prodotto completamente nuovo piuttosto che riparare o sostituire le parti di uno vecchio. I dispositivi come smartphone e tablet sono forse quanto di meno riciclabile possa esserci in questo momento sul mercato, eppure sono beni di larghissimo consumo a livello globale. Erano quasi 6 miliardi le persone in possesso di un telefonino nel 2019, secondo quanto emerge dall’edizione del Mobility Report 2020 di Ericsson.

 

 

Visti i numeri, un’economia davvero circolare dovrebbe assicurarsi che le sostituzioni dei pezzi negli apparecchi elettronici siano integrate nell’intero processo di progettazione e produzione. Ma ancora non è così.

L’elettronica è solo uno dei problemi. Quello del riciclo del pneumatico è un altro tema caldo: il settore dei pneumatici fuori uso in Italia rappresenta un mercato ben avviato ma poco valorizzato. Secondo i dati 2019 dell’Ispra, oltre l’80% degli pneumatici arrivati alla fine del loro ciclo di vita è recuperato sotto forma di materia mentre lo 0,6% si trasforma in energia. A livello globale, ogni anno viene buttato via almeno 1 miliardo di pneumatici usati. Poiché la gomma è prodotta con petrolio greggio, che è molto difficile da riciclare, gli pneumatici vengono solitamente bruciati o trasformati in tappetini in gomma di bassa qualità, trasformazione che perde di vista l’obiettivo primario di un'economia circolare, che è preservare il valore del prodotto ed evitare il cosiddetto downcycling.

 

 

L’azienda tedesca Pyrum Innovations ha trascorso gli ultimi anni a sviluppare una tecnologia che recupera quasi completamente l’olio di pirolisi dagli pneumatici usati. Dicono che la domanda per questo processo sia ora in aumento. Pioniere nel riciclaggio sostenibile di pneumatici fuori uso, basato sulla sua tecnologia brevettata di pirolisi, Pyrum ha iniziato ad espandere la capacità produttiva producendo olio di pirolisi, nerofumo e gas di pirolisi da oltre 20 mila tonnellate all’anno di pneumatici fuori uso. «Con le nuove linee di produzione siamo pienamente sulla buona strada con la nostra strategia di crescita e stiamo facendo ulteriori progressi verso un'economia circolare sostenibile. I due nuovi reattori ci aiuteranno notevolmente a soddisfare le richieste dei nostri partner, tra cui BASF, Continental e Schwalbe» spiega in una nota dell’azienda Pascal Klein, co-fondatore di Pyrum. Entro il 2025, la società prevede di costruire 50 impianti in Europa e fornire 100 mila tonnellate di petrolio al gigante chimico BASF.

Uno studio sul concetto di economia circolare della Yale University avverte della possibilità di un effetto “rimbalzo”, in cui prodotti progettati in modo più efficiente e più economici potrebbero portare a un consumo maggiore, anziché inferiore. Peccato che la chiave per il riciclaggio sia l’utilizzo di meno risorse rispetto alla loro estrazione e smaltimento altrimenti si va ad aumentare, anziché ridurre, l’impronta di carbonio. Per evitare che ciò accada, è importante che gli approcci circolari vengano implementati con attenzione.

 

 

Eppure la transizione verso un’economia circolare è ancora nelle sue fasi iniziali. Secondo il Circular Economy Gap Report, oggi meno del 9% dell’economia globale riflette principi circolari. Le risorse si stanno esaurendo con crescente intensità, il consumo è in aumento e pochi progressi sono stati compiuti nel trattare i prodotti alla fine del loro ciclo di vita.

Progressi che secondo il World Economic Forum sono indispensabili per il passaggio a un’economia circolare che si stima potrebbe avere un beneficio finanziario globale annuo di 3,8 mila miliardi di euro. Una ricerca della Ellen MacArthur Foundation sostiene che questo nuovo paradigma economico riuscirebbe anche ridurre le emissioni globali di gas serra di un quinto, rendendolo uno strumento cruciale per affrontare la crisi climatica.

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