Cellulari vecchi diventano “miniere” di materie prime grazie all’Enea

Sviluppare un nuovo processo per il recupero di materiali e metalli di alto valore da telefoni cellulari a fine vita in ottica di economia circolare. È questo l’obiettivo del progetto Portent, co-finanziato dalla Regione Lazio con circa 140 mila euro attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e coordinato dal Laboratorio Enea “Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali”. La notizia è stata diffusa dal portale Eneainform@.

 

Vere e proprie miniere di terre rare si nascondono nei circuiti interni degli smartphone. Mentre utilizziamo questi dispositivi, senza neanche saperlo, abbiamo in mano elementi come oro, argento, rame, litio, neodimio, praseodimio e disprosio. A fine vita questi apparecchi sono ancora troppo preziosi e pericolosi per finire in discarica senza prima essere stati riciclati con l’obiettivo di recuperare le schede elettroniche e avviare lo smaltimento delle sostanze tossiche.

Danilo Fontana, ricercatore Enea e responsabile del progetto Portent spiega che «è in crescita la quantità di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, soprattutto a causa di tempi di obsolescenza tecnica sempre più ridotti. Questo fenomeno potrebbero generare seri problemi di gestione legati alla presenza di metalli e sostanze nocive che rappresentano un rischio reale per la salute dell’uomo e dell’ambiente».

Il 2020 ha fatto registrare una significativa crescita della raccolta di questa tipologia di rifiuti: a livello nazionale ha oltrepassato le 78 mila tonnellate (+7,68% rispetto al 2019), mentre nella Regione Lazio la quota è stata di circa 6 mila tonnellate con un significativo balzo in avanti rispetto alla 2400 tonnellate dell’anno precedente. Tra questi rifiuti, i telefoni cellulari sono sicuramente gli apparecchi elettronici di maggiore interesse per i materiali preziosi e strategici che contengono.

 «La tendenza dell’imprenditoria italiana che si occupa di riciclo è quella di fermarsi alle fasi di trattamento e di riciclo più semplici ma meno remunerative, come la triturazione e la separazione di plastiche e di metalli, lasciando agli operatori esteri il vantaggio di recuperare la parte “nobile” del rifiuto, in particolare le schede elettroniche ricche di metalli come oro, argento, palladio e rame. Partendo dalle nostre competenze in questo settore, in sinergia con la Sapienza Università di Roma, vogliamo sviluppare un processo innovativo per il recupero di materiali da telefoni cellulari dismessi per il completamento della filiera, che adesso si ferma al commercio verso l’estero degli stock dei materiali separati», sottolinea Fontana.

 «Grazie alle tecnologie attuali è possibile riciclare oltre il 96% di questi dispositivi elettronici, recuperando quantità significative di metalli preziosi con gradi di purezza elevati. Questo permetterebbe di evitare il depauperamento delle risorse naturali e l’approvvigionamento di alcune di queste materie prime critiche presenti prevalentemente in Paesi politicamente instabili», prosegue Fontana.

 Una volta concluso il progetto, i risultati della ricerca saranno trasferiti al tessuto imprenditoriale sia per l’innovazione tecnologica dei processi industriali sia per lo sviluppo di nuove competenze professionali qualificate. «L’obiettivo, infatti, è quello di contribuire alla crescita dell’economica locale e nazionale e alla riduzione dell’impatto ambientale di questa tipologia di rifiuti che, grazie al recupero dei materiali in essi contenuti, diventeranno fonte di materie prime seconde per nuovi prodotti tecnologici», conclude Fontana.



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