Prospettive circolari in Italia ed Europa

Il paradigma lineare che alla produzione e all’utilizzo fa seguire scarti e rifiuti deve lasciare il posto a una dimensione di circolarità in cui già in fase di progettazione si tenga conto dell’importanza della durabilità del prodotto e del riciclo.

Un’economia circolare è indispensabile nella lotta al cambiamento climatico, dal momento che quasi la metà delle emissioni globali deriva dalla fabbricazione di prodotti: la trasformazione dei modelli di produzione è alla base di un futuro sostenibile.

 

Piano d’azione per l’economia circolare

Adottato a marzo 2020 dalla Commissione europea e parte integrante del Green Deal europeo, il nuovo “Piano d’azione sull’economia circolare per un’Europa più pulita e competitiva” individua nella circolarità la chiave per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e svincolare la crescita economica dall’uso di risorse. Si focalizza sull’intero ciclo di vita dei prodotti, dalla produzione con un maggiore impiego di materie prime riciclate (di cui punta a raddoppiare l’utilizzo nel prossimo decennio) alla progettazione di beni più duraturi, riutilizzabili, riparabili e riciclabili, trasformando i modelli di consumo per evitare la generazione di rifiuti. La riduzione della spesa per l’acquisto di materiali – che si aggira sul 40% della spesa totale delle imprese manifatturiere – incrementerebbe la redditività aggirando le fluttuazioni dei prezzi delle risorse. Queste strategie contribuirebbero a ridurre la quantità di rifiuti prodotti dalle attività economiche europee, che si aggirano sui 2,5 miliardi di tonnellate all’anno.

La Commissione europea favorirà l’incremento della circolarità nei processi industriali di svariati settori. Presenterà una “Iniziativa per un’elettronica circolare” sulla progettazione ecocompatibile dei dispositivi elettronici, progetto cruciale per l’Unione europea, dove meno del 40% dei rifiuti elettronici viene riciclato e il flusso di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche è in rapida crescita, con un tasso annuale del 2%.

Anche i rifiuti di imballaggio hanno raggiunto in Europa quantità senza precedenti (nel 2017 il record di 173 kg per abitante) e la quantità di materiali usati per gli imballaggi è in costante crescita; perciò la Commissione europea mira a rafforzare i requisiti obbligatori che gli imballaggi dovranno soddisfare per essere immessi sul mercato europeo, affinché entro il 2030 tutti gli imballaggi siano riutilizzabili o riciclabili. 

Accanto all’uso di plastiche biodegradabili o compostabili, il Piano punta ad armonizzare i sistemi di raccolta differenziata e facilitare la corretta separazione dei rifiuti di imballaggio alla fonte, studiando un sistema di etichettatura comune a livello europeo. 

Per il settore tessile – al quarto posto per l’uso di materie prime e acqua dopo i settori alimentare, di edilizia abitativa e dei trasporti, al quinto per le emissioni di gas a effetto serra e con (nel mondo) meno dell’1% dei suoi prodotti riciclati in nuovi prodotti – sono in progetto misure che garantiscano l’uso di materie prime secondarie e la riduzione di sostanze chimiche inquinanti.

Per promuovere i principi di circolarità anche lungo l’intero ciclo di vita degli edifici, la Commissione europea promuoverà una strategia per un ambiente edificato sostenibile, che include l’efficienza energetica e delle risorse e la gestione dei rifiuti di costruzione e demolizione: un’iniziativa importante per un settore responsabile di più del 35% della produzione totale di rifiuti dell’UE. In Italia, dal 5 al 12% delle emissioni totali di gas a effetto serra sono prodotte dall’estrazione di materiali, dalla fabbricazione di prodotti da costruzione e dalla costruzione e ristrutturazione degli edifici; una maggiore efficienza dei materiali potrebbe ridurle dell’80%.

Il Piano d’azione per l’economia circolare limiterebbe così gli impatti sull’ambiente, mirando a ripristinare la biodiversità e a garantire la sostenibilità dei materiali a base biologica rinnovabili.

 

Una posizione geostrategica

In Europa, l’Italia è il secondo paese più industrializzato, la seconda potenza agroalimentare e possiede una delle filiere più importanti nel mondo dei metalli e dell’acciaio, basti pensare alle realtà di Brescia, Bergamo, Terni e Cremona, come ha sottolineato Luca Dal Fabbro, presidente dell’Istituto Europeo Esg. 

Dal punto di vista geostrategico, la sua posizione nel contesto della transizione energetica è unica poiché, oltre a trovarsi in una zona ricca di sole e gas – ha infatti un’intensità energetica superiore alla media europea – è inoltre connessa con tubi e cavi elettrici al nord Europa, area che aumenterà sempre più il consumo di energia e gas. 

L’Italia ha dunque un’enorme opportunità da cogliere nell’economia circolare, per generare crescita per le imprese, ricchezza e nuovi posti di lavoro, in una parola per rilanciare il sistema paese. A questo scopo è auspicabile una cooperazione tra diversi attori quali Confindustria, istituzioni, università e fondazioni bancarie, poiché la trasformazione in ottica circolare non si limita al riutilizzo e al riciclo, ma richiede sostanziali innovazioni per riconcepire intere filiere industriali e ridisegnare i prodotti.

Ad esempio, per convertire la mobilità cittadina in elettrica è indispensabile riprogrammare, riutilizzare e riciclare le batterie elettriche delle nostre automobili; attualmente esistono soltanto due centri di raccolta e trasformazione di batterie in Europa, in grado di coprire appena il 3% di tutte le batterie che utilizzeremo nei prossimi anni. 

 

Ritardi e primati dell’Italia 

È evidente che per tenere il passo con gli obiettivi della transizione, l’Italia deve investire sull’innovazione e sulla ricerca e accelerare i processi di brevettazione dell’economia circolare, aree su cui è ancora molto lenta.

Questa lentezza si deve a un sostrato industriale costituito prevalentemente da piccole-medie imprese, che fanno innovazione con difficoltà, come si legge anche nel Pnrr: “Dietro la difficoltà dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri paesi avanzati europei (…) c’è l’andamento della produttività, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. (…) Tra le cause del deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale. Questo ritardo è dovuto sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo, caratterizzato da una prevalenza di piccole e medie imprese, che sono state spesso lente nell’adottare nuove tecnologie e muoversi verso produzioni a più alto valore aggiunto”. 

Nonostante ciò, il settore produttivo italiano mostra buoni risultati nella circolarità. Per non perdere questa leadership europea, l’Italia deve destinare nuovi investimenti alla ricerca e alle infrastrutture, aiutando in particolare le piccole-medie imprese a innovare e creare percorsi di economia circolare. 

Il Rapporto I.T.A.L.I.A. 2019 realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison sottolinea vari primati italiani legati all’economia circolare: l’Italia è il paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti. Il 18,5% della materia utilizzata in Italia è materia seconda; ogni kg di risorsa consumata genera 4 euro di Pil, contro una media europea di 2,24 euro. 

La strada imboccata è quella giusta, bisogna solo affrettare il passo.

 

L’economia circolare nel Pnrr

Nell’ambito della Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la componente “Economia circolare e agricoltura sostenibile” prevede investimenti per 5,27 miliardi, di cui 2,1 miliardi destinati a “Migliorare la capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti e il paradigma dell’economia circolare”, suddivisi in 1,5 miliardi per la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e l’ammodernamento di impianti esistenti, e 600 milioni di euro per progetti “faro” di economia circolare; le riforme relative sono 1) la strategia nazionale per l’economia circolare, 2) il programma nazionale per la gestione dei rifiuti e 3) il supporto tecnico alle autorità locali. 

Per quanto riguarda la “strategia nazionale per l’economia circolare”, da adottare entro giugno 2022, le aree di intervento riguarderanno – coerentemente con il “Piano d’azione per l’economia circolare” – ecodesign, ecoprodotti, blue economy, bioeconomia e materie prime critiche.

Gli investimenti in progetti “faro” di economia circolare saranno destinati ad esempio allo sviluppo di tecnologie avanzate di riciclo meccanico e chimico delle plastiche, per raggiungere il 65% di riciclo: un grosso passo avanti se si considera che oggi in Italia più della metà dei rifiuti plastici non viene recuperato ma utilizzato per produrre energia o inviato in discarica. Il potenziamento della rete di raccolta differenziata e degli impianti di trattamento e riciclo dei rifiuti consentirà anche di riciclare il 55% di apparecchiature elettriche ed elettroniche, l’85% di carta e cartone e la totalità dei rifiuti tessili.

Il Pnrr risulta quindi una grande opportunità per riorganizzare, ristrutturare e rilanciare le imprese italiane in ottica sostenibile e circolare.

 

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